Capitolo 6 - Assessment
Capitolo 6 - Assessment
IN PSICOLOGIA CLINICA
INTRODUZIONE
L’assessment è uno dei pilastri portanti della psicologia clinica, insieme agli interventi psicologici.
Assessment: letteralmente “valutazione”, ha in realtà in psicologia clinica un'accezione particolare:
− da un lato, indica il semplice giudizio espresso da un osservatore esperto circa il punteggio di un test
− dall'altro lato, in senso più pieno, indica il giudizio valutativo dello psicologo ottenuto mediante
l'integrazione dei risultati di osservazione clinica, colloqui, test e altre fonti di informazioni in un
quadro globale e coerente
Tra i fattori che influenzano la valutazione è fondamentale l'orientamento professionale del clinico:
i clinici a orientamento psicodinamico o psicoanalitico possono scegliere tecniche di valutazione della
personalità non strutturate
i terapeuti a orientamento cognitivo si concentrano sui pensieri disfunzionali
i clinici orientati al comportamento determinano le relazioni funzionali tra eventi ambientali o rinforzi e
il comportamento anomalo
Un altro fattore essenziale è la fiducia e la relazione tra il clinico e il cliente → il cliente deve sentirsi a
proprio agio con il clinico, dovrebbe comprendere la logica alla base della valutazione e ricevere garanzie di
riservatezza.
La valutazione clinica si basa su un approccio multidimensionale che prevede l’impiego di diversi strumenti:
colloquio clinico
interviste strutturate/semi-strutturate/non strutturate
test psicodiagnostici autovalutativi
assessment psicofisiologico
osservazione
tecniche proiettive
test di intelligenza
valutazione cognitiva
Alcuni concetti utili per capire il costrutto di assessment in psicologia clinica sono:
Screening → processo usato per effettuare un'ampia categorizzazione degli esaminati come primo
passo in una selezione per decisioni preventive o diagnostiche
Testing psicologico → procedura che impiega test o scale per valutare specifiche caratteristiche
psicologiche di un individuo
Assessment psicologico → esame integrato del funzionamento psicologico che include la raccolta, la
valutazione e l'integrazione dei risultati dei test e delle informazioni collaterali, oltre alla restituzione dei
risultati
Effetto alone → pericolo insito in ogni processo valutativo, bias cognitivo dovuto al fatto che
un'impressione positiva o negativa possa influenzare conseguentemente la valutazione anche in altre
aree; la sensazione che esercita una persona sul valutatore a causa del suo atteggiamento, della storia
passata o anche dei risultati di alcuni test può verosimilmente influire sul giudizio in varie aree di
funzionamento in base a una generalizzazione non consapevole
Gli ambiti di applicazione dell'assessment sono molteplici e riguardano i vari contesti nei quali ci si occupa
del benessere psicologico dell'individuo, del gruppo, delle organizzazioni e della comunità:
- clinico e psicopatologico
- ospedaliero (patologie mediche, disturbi alimentari, disturbi da addiction, attribuzione chirurgica di
genere, ecc.)
- giuridico-forense (competenze genitoriali in casi di affidamento e adozione di minori, danno psichico,
idoneità a rendere testimonianza, ecc.)
- lavorativo
Il primo articolo della Legge 56 definisce l'identità professionale dello psicologo, ossia gli ambiti entro i quali
può muoversi.
In Italia, lo psicologo è una figura professionale sanitaria che può fare diagnosi ed è l'unica figura
professionale che può fare diagnosi psicologica; questo però a condizione che possieda conoscenze e
competenze adeguate sugli strumenti di valutazione.
Gli articoli 3 e 5 del Codice Deontologico definiscono cosa si intende per conoscenza e competenza.
Lo psicologo deve obbligatoriamente impiegare strumenti diagnostici per i quali ha acquisito adeguata
competenza, ovvero è in grado di indicare le fonti e i riferimenti scientifici circa la loro affidabilità e validità
scientifica.
Lo psicologo deve saper fornire, in qualunque momento e a chiunque lo richieda:
− quali sono le basi scientifiche dello strumento utilizzato
− i motivi per cui ha deciso che quel particolare strumento è indicato per quel particolare caso
− le ragioni per cui i risultati dell'esame diagnosi fanno ipotizzare che la decisione più giusta sia quella che
il professionista sta indicando
Di questo, lo psicologo è personalmente responsabile agli occhi della legge.
Lo psicologo deve essere consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell'esercizio
professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri. Egli deve quindi essere responsabile
dei propri atti professionali e consapevole dei limiti della propria competenza.
L’aspetto diagnostico è estremamente importante poiché rappresenta una sorta di esito finale delle
procedure di assessment, in cui si giunge a identificare il funzionamento psicologico di un individuo, a
delineare il suo profilo o anche a collocarlo in una categoria diagnostica.
Test: campione di comportamento dietro cui è presente una precisa idea di come funziona la mente di una
persona (es. un test autosomministrato sulla depressione è costruito in maniera tale che i suoi item
riflettano il nucleo essenziale di pensieri, emozioni e comportamenti di una persona depressa).
→ Un test non è una fotografia fedele della realtà, ma una misura.
Le persone sottoposte al test in una situazione clinica sono generalmente altamente motivate e interessate
ai risultati del test; fornire feedback sui test può essere un elemento importante del processo di
trattamento.
L’assessment (o esame psicodiagnostico) ha una finalità più ampia poiché prevede l’uso di diversi strumenti
e il possesso di competenze cliniche necessarie per interpretare e sintetizzare i risultati.
Esso può essere inteso come una procedura attiva, complessa e articolata di raccolta, analisi ed
elaborazione di informazioni effettuata da uno psicologo clinico quando una persona vi si rivolge per una
consulenza.
Secondo la concezione più tradizionale dell’assessment, esso si pone l’obiettivo di acquisire le informazioni
necessarie circa:
- i meccanismi sottostanti alla problematica lamentata
- l’adeguatezza di un’eventuale presa in carico terapeutica (è possibile che, al termine dell’assessment, lo
psicologo ritenga maggiormente opportuno reindirizzare la persona a colleghi che potrebbero
possedere competenze più adeguate alla luce delle caratteristiche del problema o a esperti di altri
settori)
- gli obiettivi e le strategie dell’eventuale intervento psicologico proposto (nel caso in cui la presa in carico
avvenga, è necessario fornire alla persona indicazioni circa i tempi e i metodi che si intendono proporre,
alla luce degli obiettivi di intervento a breve, medio e/o lungo termine)
Il processo di assessment:
1. Preparazione → pianificazione assessment
2. Input → raccolta dati → testing
3. Processing → analisi, sintesi e interpretazione dei dati
4. Output → comunicazione del risultato (restituzione)
L’assessment, che generalmente ha una durata di circa tre o quattro incontri, si configura come un processo
di decision making mosso da una costante generazione di ipotesi che riguardano:
1. Eziopatogenesi (identificazione dei meccanismi sottostanti l’insorgenza del problema)
2. Associazioni tra la problematica lamentata dalla persona e le situazioni/gli stimoli potenzialmente
scatenanti o di mantenimento
3. Obiettivi e Tecniche di intervento
L’approccio sottostante alla formulazione di tali ipotesi si basa su una logica di natura falsificazionista: il
clinico è infatti chiamato a procedere individuando tutte le possibili ipotesi diagnostiche alternative (cfr.
diagnosi differenziale), in modo da giungere a quella maggiormente pertinente alle informazioni riferite dal
paziente.
Nel corso dell'assessment si rende, inoltre, utile effettuare diverse misurazioni, necessarie
− valutare una serie di dimensioni (a partire dalle quali sarà possibile formulare delle ipotesi)
− stabilire “linee di base” o baseline (come rifmento di un eventuale intervento, per valutarne l’efficacia)
Si potrebbe pensare che la finalità principale dell’assessment sia la formulazione di una diagnosi indicativa,
nel caso in cui il paziente presenti un disturbo psicopatologico:
spesso i pazienti si aspettano che il clinico sia in grado di fornire loro un inquadramento diagnostico →
questa eventualità è per alcuni molto rassicurante, perché la possibilità di “chiamare per nome” ciò che
si prova rende meno incerto, sconosciuto e minaccioso il malessere
la definizione di una diagnosi certa e univoca consente al clinico di individuare e applicare quegli
interventi psicologici considerati di prima scelta per la gestione di un particolare disturbo
Tuttavia, la natura categoriale dei principali sistemi classificatori dei disturbi mentali spesso complica la
possibilità di formulare una diagnosi (per esempio nel caso di persone che non soddisfano tutti ma solo
alcuni criteri necessari alla diagnosi di un dato disturbo), che comunque non è sufficiente per individuare
obiettivi personalizzati e impostare un piano di intervento o trattamento specifico.
La vera finalità dell’assessment è pervenire alla corretta concettualizzazione del caso clinico (o formulazione
del problema), che rappresenta la spiegazione più plausibile del funzionamento della persona a cui il clinico
è stato in grado di giungere.
Sebbene non sia sempre possibile effettuare una diagnosi, e per quanto l'interesse del clinico debba
indirizzarsi in modo privilegiato alla formulazione della concettualizzazione del caso, è doveroso tenere
presente la potenziale utilità di una classificazione a livello nosografico che consente:
− sia la comunicazione con altri professionisti (possibilità di condividere un linguaggio clinico-tecnico)
− sia il confronto con le informazioni presenti nella letteratura scientifica (soprattutto in riferimento
alle linee guida per l’applicazione degli interventi evidence-based)
L’Assessment Terapeutico (AT) è una modalità alternativa di assessment che trae origine dalla psicologia
umanistica ed enfatizza il ruolo dell’empatia, dell’ascolto attivo, del rispetto e dell’inversione del rapporto
asimmetrico tra le “valutatore” e “valutato” per promuovere importanti cambiamenti positivi per la
persona.
L’AT si configura come una forma di assessment semi-strutturato collaborativo che, attraverso la
ricostruzione della storia personale dell'individuo, pone al centro dell'attenzione la relazione tra clinico e
paziente e ciò che emerge dalla compilazione di questionari standardizzati (i test vengono concepiti come
strumenti in grado di favorire la consapevolezza della persona, di incentivare riflessioni su di sé e di aiutare
la persona a prendere decisioni importanti sulla propria vita).
L'AT prevede una strutturazione a fasi (anche se non sempre tutte necessarie) che possono essere svolte in
una o più sedute:
1. Seduta iniziale: viene accolta la richiesta della persona e vengono formulate le domande a cui si intende
rispondere attraverso la consultazione
2. Somministrazione di questionari standardizzati, selezionati alla luce di quanto emerso nel primo step
3. Seduta intervento: utilizzo creativo di quanto emerso dai test, al fine di lavorare sulle domande
identificate
4. Seduta di discussione e riepilogo
5. Invio alla persona di una lettera scritta che riassume i principali esiti dell’assessment e le risposte alla/e
domanda/e
6. Seduta di follow-up a due/sei mesi dalla seduta di discussione e riepilogo
L'AT vede il paziente coinvolto in maniera attiva in ogni fase del processo valutativo, il che lo rende un
approccio centrato sulla persona e che permette di rendere la valutazione psicologica
un'esperienza positiva.
FINALITÀ DELL’ASSESSMENT
Secondo le più recenti linee-guida dell’American Psychological Association e della Society for Personality
Assessment, le finalità dell’assessment possono essere sintetizzate in questo modo:
Descrizione del funzionamento psicologico → comprensione del funzionamento psicologico, di cosa ci
sia di adattivo e disadattivo in relazione al contesto di vita e alla cultura di appartenenza, di quanto il
funzionamento contribuisca alla formazione di tratti e sintomi psicopatologici o alla determinazione del
problema
NB: non bisogna pensare che il funzionamento psicologico del paziente sia patologico per il solo fatto
che la persona venga osservata all'interno di un setting clinico
Verifica delle impressioni del clinico → conferma o messa in dubbio o anche rifiuto delle impressioni
iniziali e più superficiali attraverso l’utilizzo di strumenti validati
NB: l'individuo potrebbe avere motivazioni consce e inconsce per simulare una patologia o l'assenza di
una patologia (faking), per manipolare il giudizio del professionista (malingering) o anche per
enfatizzare certi aspetti di sé più egosintonici e nascondere quelli più egodistonici (impression
management)
Identificazione delle aree di fragilità (fattori di vulnerabilità) e delle risorse adattive (fattori di
resilienza) → valutazione di cosa ostacola il raggiungimento di un obiettivo e di cosa può aiutare ad
affrontare il problema (anche in relazione a quanto emerso nella fase di testing)
Supporto per le decisioni da prendere in merito alla problematica presentata → aiuto nella diagnosi
differenziale, nella valutazione del profilo di rischio per comportamenti pericolosi, nell'indicazione
terapeutica o nelle decisioni in ambito giudiziario
MULTIDIMENSIONALITÀ DELL’ASSESSMENT
Il concetto di “assessment multidimensionale” prevede che, nel corso dell'esame psicodiagnostico, il clinico
effettui un'esaustiva rilevazione di informazioni avvalendosi di diverse fonti o canali informativi.
L’attuale classificazione degli strumenti diagnostici prevede la seguente classificazione dei test:
strumenti self-report
strumenti observer-rating
strumenti performance-based
strumenti proiettivi
Strumenti self-report → classici test autosomministrati che forniscono informazioni rilasciate dalla persona
stessa
Aspetti positivi: indicano al clinico il livello di consapevolezza e la volontà di condivisione del paziente
Limiti: le informazioni fornite dipendono dalla capacità di introspezione della persona, dalla
consapevolezza di sé stessa, dalla volontà di condividere aspetti positivi e soprattutto negativi di sé,
dalla capacità di comprensione del contenuto degli item
Strumenti performance-based → invitano l'individuo a fare qualcosa poiché viene valutato non ciò che il
paziente dice o mostra di sé, ma il modo in cui fa alcune cose
Aspetti positivi: il paziente non comprende il contenuto del test e quindi non può manipolarlo;
basandosi su meccanismi non consapevoli, fornisce informazioni sui meccanismi latenti e impliciti che
superano le resistenze consapevoli
Limiti: impegno dell'individuo nell'esecuzione del compito, accusati di scarsa scientificità
Strumenti proiettivi → condividono gran parte della base teorica dei test performance-based poiché
valutano aspetti non consapevoli, impliciti e non volontari del funzionamento mentale e ha quindi gli stessi
limiti; la differenza sostanziale non sta nel tipo di stimolo ma nelle operazioni che l'individuo viene invitato a
effettuare.
Colloquio: dal latino cum loqui (“parlare con”, “parlare insieme”) = processo di raccolta di informazioni in
cui il terapeuta e il paziente collaborano attivamente per comprendere il problema presentato dal paziente
e rispondere ai bisogni degli individui.
Il clinico è “apparentemente” l’esperto: in realtà, il vero esperto è il paziente e il clinico funge da facilitatore.
→ Il clinico deve adottare un approccio solo apparentemente one-up (siamo in una relazione
asimmetrica), usando questa posizione al servizio del paziente.
Fonti di informazione:
canale verbale per esplorare il sistema cognitivo-verbale del paziente
osservazione diretta del comportamento del paziente
Il colloquio clinico:
si articola generalmente in un ciclo di incontri
è finalizzato non solo all’esame del problema, ma anche alla costituzione di una relazione collaborativa
si sviluppa in una logica di tipo ipotetico-deduttivo
si focalizza in maniera privilegiata su materiale di tipo verbale, ma include anche aspetti legati
all’osservazione in un setting specifico e ben strutturato (canale comportamentale-motorio)
permette di ricavare informazioni pertinenti anche al comportamento interpersonale (modo in cui la
persona si pone rispetto al professionista)
ha finalità prevalentemente psicodiagnostica, ma racchiude in sé anche alcuni elementi di
riformulazione del problema
Il colloquio clinico comprende diverse aree di indagine affinché il clinico si formi una rappresentazione
complessiva del paziente:
Definizione del problema
Storia del problema
Assunzione di farmaci e trattamenti medici e/o psicologici
Area personale
Sfera relazionale
Contesto lavorativo o scolastico/accademico
Motivazione e aspettative
Non sempre è possibile procedere in modo sistematico nella rilevazione e molti aspetti possono essere
riferiti dal paziente mentre se ne stanno esplorando altri. Ciò che conta è che il clinico, a conclusione
dell’assessment, sia in grado di identificare i contenuti di rilievo per ciascuna area di indagine.
Nella fase di definizione del problema, il focus è sulla motivazione che ha portato la persona all’attenzione
clinica.
Al paziente è richiesto di descrivere:
− l’attuale problematica
− i sintomi attraverso cui si manifesta
− se e quanto questi interferiscono con il funzionamento quotidiano
Nel momento in cui si cerca di definire il problema, occorre riuscire a operazionalizzarlo, cioè a
comprendere:
− in quali situazioni si presenta
− in che modo la persona reagisce quando si manifesta (come si comporta, cosa pensa, cosa prova)
− quali sono le conseguenze
L’individuazione di questi aspetti consentirà al clinico effettuare un’analisi funzionale.
Nella fase dedicata alla storia del problema il focus è sul passato.
Il clinico, per ciascuno dei problemi eventualmente identificati, deve ricostruirne:
la prima insorgenza (quando, con quali sintomi e con che intensità, quali eventi
immediatamente precedenti)
l’evoluzione
le potenziali cause di mantenimento
È inoltre importante far luce sulle relazioni tra i differenti problemi e l’intrecciarsi delle
rispettive evoluzioni.
Nel corso del colloquio clinico è bene indagare se la persona stia assumendo farmaci per la gestione
della problematica riferita e, in caso affermativo, chi abbia effettuato la prescrizione (infatti, nel momento in
cui l’intervento psicologico avesse inizio, potrebbe rivelarsi adeguata una presa di contatto con il
professionista per instaurare un processo di presa in carico condivisa e collaborazione).
È anche fondamentale appurare se la persona, in passato, ha già usufruito di interventi psicologici o
psichiatrici; se questa fosse la situazione, sarebbe doveroso verificare le motivazioni che l’avevano portata a
rivolgersi a un professionista e gli obiettivi dell’intervento intrapreso, sia per comprendere atteggiamenti e
aspettative del paziente nei confronti di un nuovo intervento sia per conoscere la tipologia di tecniche e
strumenti di cui la persona già dispone.
Rispetto alle informazioni attinenti all'area personale, spesso può essere utile chiedere alla persona di
descrivere il modo in cui si articola una sua “giornata tipo”; questo consente di tratteggiare in maniera
adeguatamente dettagliata aspetti relativi ai ritmi sonno-veglia, alle abitudini alimentari, alle routine
quotidiane.
Rientra nell' approfondimento dell’area personale anche l'indagine:
− delle abitudini legate all'attività sessuale
− di interessi e hobby (presenti e, nel caso, passati) → caratteristiche di personalità ed eventuali
fattori protettivi
Estrema importanza assume anche l'indagine della sfera relazionale del paziente, nello specifico il
riferimento alle relazioni familiari (famiglia d’origine e famigli acquisita), sentimentali e sociali (amicizie e
rete sociale).
Similmente disporre di informazioni circa il contesto lavorativo o scolastico/accademico attuale e pregresso
(tipologia, livello di soddisfazione, impegno orario, clima) può ampliare l'indagine della sfera relazionale,
oltre a fornire un excursus relativo alle scelte di vita e alle caratteristiche interpersonali della persona.
Infine, un ultimo aspetto da sondare riguarda le aspettative e la motivazione che la persona ha nei confronti
della consulenza e di un eventuale intervento psicologico.
Spesso informazioni relative alla motivazione sono ricavabili per via indiretta (es. non presentarsi a un
colloquio senza avvisare o dando poco preavviso).
NB: la motivazione di per sé non è un fattore sufficiente a garantire una buona predisposizione al
trattamento: è infatti indispensabile la presenza di un progetto di cambiamento e la consapevolezza di
voler cambiare.
Le persone potrebbero basare le proprie aspettative:
- su esperienze pregresse
- su informazioni condivise da altre persone
- su un'idea generica di come dovrebbe svolgersi un colloquio psicologico
è sempre opportuno verificare quanto gli obiettivi della persona siano realistici ed effettivamente
perseguibili.
ASCOLTO ATTIVO
Al clinico è richiesto qualcosa di più del semplice ascolto
ascolto e osservazione di ciò che dice l’altro (verbale)
ascolto e osservazione di ciò che non dice (silenzio)
ascolto e osservazione di come lo dice (paraverbale)
osservazione di come si presenta e si muove (non verbale)
Fattori che possono influenzare il nostro modo di ascoltare: esperienza (i giovani hanno assesment migliori),
ricordi, valori, interessi, convinzioni, esperienze passate, aspettative, pregiudizi, ambiente fisico,
atteggiamenti, sentimenti forti, ipotesi.
Grado di strutturazione:
intervista Strutturata → le domande e la loro successione sono strettamente prefissate dall'inizio (la
strutturazione più estrema sfocia nel questionario, con un numero fisso di possibili risposte)
intervista Semi-strutturata → minor rigidità nel tipo, ordine ed esecuzione delle domande, nonché la
possibilità di porre ulteriori questioni secondo l'andamento dell'interazione
intervista Non strutturata → il tipo e l'ordine delle domande sono vincolate dall’aderenza ad aree o
tematiche di cui il conduttore possiede una lista precostruita
Colloquio → strumento che concede maggiore libertà al conduttore rispetto alla tipologia e alla
sequenza delle domande da porre, e può subire notevoli modificazioni in relazione all'andamento
dell'interazione tra i due partecipanti
Nelle interviste Non strutturate, il tipo e la sequenza delle domande non sono prestabiliti, ma devono
attenersi a specifici argomenti; il contenuto delle domande dell'intervista è influenzato dalle abitudini o
dalle opinioni teoriche dell'intervistatore.
vantaggio: i clienti possono considerare le domande più sensibili ai loro bisogni o problemi
svantaggi: informazioni importanti necessarie per una diagnosi DSM-5 potrebbero essere ignorate e le
risposte sono difficili da quantificare
Alla luce di quanto emerso dagli inventari ad ampio spettro, il clinico può valutare di proporre
successivamente alla persona alcuni questionari specifici, con l'obiettivo di approfondire gli aspetti emersi
come potenzialmente rilevanti (cfr. integrazione verticale); in questa seconda fase, dunque, ci si occupa di
esplorare in profondità alcuni problemi e/o disturbi specifici avendo escluso la presenza di altri aspetti
emersi come non critici dai test ad ampio spettro.
Una tale visione gerarchica dà la possibilità al clinico di procedere secondo la logica falsificazionista che
guida l'assessment: la scelta di questionari che indagano costrutti specifici può aiutare nella confutazione o
nella conferma di quelle ipotesi che il clinico si sta ponendo rispetto alla natura dei problemi riferiti dalla
persona.
Sebbene i questionari di autovalutazione siano molto diffusi e utili nel processo di assessment, non è
assolutamente possibile effettuare una diagnosi basandosi esclusivamente sui punteggi derivanti dalla
compilazione di un inventario: tali punteggi sono interpretabili come potenzialmente indicativi della
presenza di un’eventuale problematica psicopatologica, ma il significato da attribuirvi non può prescindere
dalla loro integrazione con tutte le informazioni reperite nell’assessment.
INDICI COMPORTAMENTALI-MOTORI
L'OSSERVAZIONE DEL COMPORTAMENTO ALL'INTERNO DEL SETTING
CLINICO
Il colloquio clinico consente di trarre preziose indicazioni anche rispetto al comportamento paraverbale e
non verbale della persona, per cui l'atteggiamento che il clinico è tenuto ad assumere durante il colloquio è
attivo sia nell'ascolto sia nell'osservazione.
Rilevare il modo in cui il paziente interagisce nel setting clinico consente di formulare una prima ipotesi circa
gli stili interpersonali che adotta anche nel proprio ambiente di vita (NB: quella tra professionista e paziente
è una relazione a tutti gli effetti e le persone tendono a interagire attraverso le modalità che le
caratterizzano nelle relazioni interpersonali).
In riferimento agli aspetti para-verbali, gli elementi immediatamente accessibili all'attenzione del clinico
sono tono, inflessione, volume della voce:
− volume → fondamentale per la chiarezza e l'efficacia della comunicazione
− tono e inflessione → esprimono l’intenzione comunicativa e lo stato emozionale della persona; sono
utili indicatori circa le capacità di autoregolazione emozionale e il tono dell'umore del paziente
Le componenti non verbali a cui prestare attenzione nel corso del colloquio clinico sono:
Sguardo/contatto oculare → doppio canale di informazione (lo sguardo esprime emozioni e sentimenti
e permette di cogliere quelli altrui)
− mantenere lo sguardo diretto verso il volto dell'interlocutore comunica disponibilità e
attenzione verso l’argomento della conversazione
− difficoltà nel mantenimento del contatto oculare possono essere indice di imbarazzo, diffidenza
o disinteresse nei confronti dell’altro
Espressione/mimica facciale → qualsiasi movimento muscolare del viso rappresenta l'espressione di un
qualche stato d'animo ed è perciò fondamentale rilevarne l'eventuale coerenza o discrepanza con il
contenuto verbale che la persona sta comunicando
Gestualità → movimenti delle mani, della testa, del corpo che accompagnano i contenuti verbali;
minore è la gestualità, maggiore è la probabilità che la persona presenti un'affettività appiattita o una
scarsa abilità di condividere ed esprimere le proprie emozioni
Postura → posizione che il corpo assume; può essere più o meno tesa o rilassata e trasmette
l'atteggiamento nei confronti della situazione, oltre a segnalare l’eventuale presenza di tensione o
imbarazzo
Spazio corporeo → modo in cui la persona occupa lo spazio che la circonda (es. una persona che occupa
uno spazio corporeo circoscritto potrebbe dirsi a disagio o tale modalità potrebbe indicare scarso
desiderio di visibilità e sentimenti di chiusura e vergogna)
Contatto corporeo → livello di contatto fisico che la persona ricerca con il proprio interlocutore;
maggiore è la ricerca di un contatto corporeo in un setting clinico, più elevata è la probabilità che stia
ricercando un certo grado di intimità con il clinico e, in alcuni casi, può segnalare il rischio di uno
sconfinamento di ruoli
Un altro aspetto legato all’osservazione della persona nel contesto clinico riguarda il modo in cui essa si
presenta (es. scarsa cura di sé e del proprio aspetto fisico o un’igiene personale inadeguata possono
indicare persone caratterizzate da un umore particolarmente depresso o il possibile prodromo di un esordio
psicotico).
Anche porre attenzione al modo in cui la persona si veste e alle caratteristiche del suo abbigliamento dà
modo al clinico di integrare questi aspetti alla luce delle informazioni già rilevate sulla personalità (es.
abbigliamento eccentrico può segnalare l’intenzione di farsi notare).
Una specifica modalità durante l’assessment consiste nella possibilità di organizzazione dei role playing
Role playing: brevi simulazioni in cui paziente e clinico inscenano alcune situazioni vissute come critiche o
fonte di disagio dalla persona.
Durante il role playing, alla persona viene richiesto di mettere in pratica la propria modalità abituale di
comportamento in riferimento a quella specifica tipologia di situazione, così che sia possibile farsi un’idea
più chiara relativamente agli stili comportamentali del paziente e verificare l'eventuale presenza di
discrepanze tra l'esperienza soggettiva riferita dall'individuo e quanto invece risulta osservabile a un
interlocutore esterno (indici soggettivo-verbali vs. comportamentali-motori).
Lo scopo principale dell’osservazione diretta è quello di conoscere meglio il funzionamento psicologico della
persona osservandone l’aspetto e il comportamento in vari contesti.
Osservazione naturalistica → ha luogo nell'ambiente naturale nel quale spontaneamente si verifica il
comportamento in esame
NB: reattività di un comportamento = cambiamento che il comportamento di quella persona ha per il
solo fatto di essere osservato (cfr. effetto Howthorne)
Automonitoraggio → è il soggetto stesso che osserva i propri comportamenti
NO osservazioni episodiche ma "periodi di osservazione"
Le schede di osservazione:
consentono di acquisire elementi utili ai fini dell'analisi funzionale (identificazione degli antecedenti e
delle conseguenze del comportamento target)
devono essere grigli descrittive (es. frequenza, durata e intensità del comportamento)
trovano particolare applicazione nel caso in cui a mettere in atto il comportamento disfunzionale siano
bambini, adolescenti, persone che manifestano gravi patologie psichiatriche o con disabilità intellettiva
sono in genere compilate da persone che condividono l'ambiente di vita della persona e che hanno
l’occasione di osservarla nel momento in cui attua un comportamento problematico o maladattivo
Le tecniche di auto-monitoraggio:
possono essere assegnate al paziente sotto-forma di diario da compilare come “compito per casa”
forniscono informazioni più dettagliate rispetto a quelle ricavabili da indagini retrospettive
costituiscono non solo una valida strategia di assessment, ma anche uno strumento per aumentare
l'aderenza al trattamento della persona, che è chiamata ad assumere un ruolo pratico e attivo nel
processo
possono anche ridurre la compliance, perché la pratica può risultare noiosa e mettere “nero su bianco”
le caratteristiche del proprio comportamento problematico può essere percepito come un’imposizione
che evidenzia la gravità della propria condizione
possono avere effetti terapeutici (aumentano la consapevolezza del comportamento e fungono da
deterrente andando così a ridurne la frequenza di emissione)
generano dati che aiutano nella costruzione di linee di base circa le caratteristiche del comportamento
che la persona riporta come problematico (spesso nell’ambito di comportamenti negativi disfunzionali
focalizzati sul corpo)
INDICI PSICOFISIOLOGICI
La rilevazione di informazioni relative al canale psicofisiologico consiste nella registrazione, mediante
strumentazione specifica, di una serie di indici e parametri relativi all'attivazione psicofisiologica di un
individuo (frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, pressione arteriosa, attività mioelettrica, conduttanza
cutanea, temperatura cutanea periferica).
È possibile riscontrare correlazioni molto basse tra il resoconto soggettivo e le rilevazioni psicofisiologiche.
La misurazione di questi indici si basa sulla rilevazione del cosiddetto “profilo psicofisiologico” da stress, che
prevede la strutturazione di una procedura sperimentale articolata in quattro fasi:
1. Adattamento → rilevazione degli indici psicofisiologici di interesse in una finestra temporale utile
all'adattamento della persona al contesto della valutazione, ovvero per il tempo necessario all’individuo
per abituarsi ad un setting nuovo, poco conosciuto e potenzialmente attivante
2. Baseline → rilevazione della linea di base, ovvero degli indici psicofisiologici in una condizione di riposo,
dopo l'iniziale fase di adattamento ma prima che le venga presentata una determinata stimolazione in
grado di indurre attivazione fisiologica (all’individuo viene chiesto di rimanere immobile e liberare la
mente)
3. Stress presentation → rilevazione della risposta di attivazione a seguito dell'introduzione di uno stimolo
o di un compito attivante; il confronto tra livello di attivazione in condizione di baseline e quello in
risposta allo stressor fornisce un’indicazione circa la reattività psicofisiologica dell’individuo
4. Recupero → rilevazione effettuata nella fase successiva alla presentazione dello stimolo stressogeno, in
cui all’individuo è chiesto di rimanere fermo e di non pensare più al compito svolto; ci si attende che i
livelli di attivazione si riducano e tendano a tornare ai valori di riposo; questa fase consente di trarre
informazioni circa il tempo impiegato per tornare a livelli di baseline una volta rimosso lo stimolo
stressogeno
Qualche esempio:
Elettroencefalogramma (EEG) → valuta i cambiamenti delle onde cerebrali
Tomografia computerizzata (TC) → scansione che può rivelare immagini di parti del cervello che
potrebbero essere malate
Risonanza magnetica (MRI) → tecnica utilizzata per fornire immagini del cervello, che dà informazioni
circa l'attività neuronale
PET/CT (Positron Emission Tomography/Computed Tomography) → agenti radioattivi vengono iniettati
in una persona per mostrare come funziona un organo
TECNICHE PROIETTIVE
Tecniche proiettive: strumenti costituiti da stimoli intenzionalmente poco strutturati o addirittura ambigui
con la richiesta al soggetto in esame di "interpretarli" o dar loro una qualche strutturazione; hanno lo scopo
di evocare risposte che possono rivelare aspetti della personalità del soggetto attraverso la proiezione di
atteggiamenti, tratti e modelli di comportamento interni sugli stimoli esterni.
Effetto Forer (o effetto Barnum): fenomeno psicologico in cui gli individui credono che affermazioni vaghe e
generali sulla personalità, che potrebbero applicarsi a molte persone, siano accuratamente uniche e
personalizzate per loro.
VALUTAZIONE PSICODINAMICA
La valutazione psicodinamica si basa su costrutti direttamente derivati dal modello psicoanalitico di
personalità nelle sue versioni più recenti (vi sono molti strumenti di valutazione psicodinamica delle
funzioni di personalità).
Uno dei modelli più importanti di assessment psicodinamico è derivato dalle teorie di Kernberg in cui vi
sono specifiche funzioni di personalità da considerare, le quali vengono poi valutate per determinare il
livello di organizzazione della personalità.
Gli aspetti delle funzioni di personalità valutate sono quattro:
1. Identità → esprime i contenuti dell'esperienza interiore della persona ed è intesa come la modalità
con cui l'individuo fa esperienza di sé nel mondo e nelle relazioni
− identità integrata → rappresentazione coesa e flessibile di sé e dell’altro, capacità di
tollerare le ambivalenze caratteristiche di ogni essere umano
− diffusione di identità → discontinuità nell’esperienza del sé, percezione instabile ed
estremizzata di sé e degli altri e spesso scarsa differenziazione tra le rappresentazioni di sé e
dell’altro dovuta alla mancanza di una chiara esperienza dei propri confini
2. Relazioni interpersonali → modalità con cui l'individuo si relaziona al mondo esterno, capacità di
instaurare e mantenere nel tempo relazioni intime, stabili e soddisfacenti; vengono valutate la
qualità delle relazioni interpersonali, la loro profondità e integrazione, il modo in cui l’individuo fa
esperienza di sé e degli altri nei contesti relazionali, la capacità di investire affettivamente nelle
relazioni intime
3. Livelli difensivi → processi psichici attivati in modo inconscio (ogni persona utilizza
preferenzialmente alcuni meccanismi di difesa), che hanno spesso funzione adattiva perché aiutano
a gestire i momenti di tensione; tuttavia, possono essere utilizzati anche in modo rigido, eccessivo e
disadattivo caratterizzando le diverse forme di disturbi psichici (cfr. difese primitive)
4. Esame di realtà → capacità di discriminare e valutare in modo realistico gli elementi provenienti dal
mondo interno ed esterno; a livello diagnostico è fondamentale comprendere il livello di
compromissione dell’esame di realtà
Sulla base dei quattro aspetti funzionali, si possono distinguere tre organizzazioni di personalità:
Livello Sano
1) identità consolidata
2) relazioni interpersonali stabili, complesse e durature, con facilità nell’integrare aspetti contraddittori
dell’esperienza emozionale (es. tenerezza ed erotismo)
3) assenza di difese primitive
4) esame di realtà integro
Livello Nevrotico
1) identità consolidata
2) relazioni interpersonali stabili, complesse e durature, con difficoltà nell’integrare aspetti
contraddittori dell’esperienza emozionale
3) assenza di difese primitive o uso raro e circostanziato delle difese primitive
4) esame di realtà integro, con al massimo lievi distorsioni situazionali
Livello Borderline
1) diffusione di identità, con atteggiamenti, valori, obiettivi e sentimenti instabili e mutevoli e
percezioni di sé oscillante tra estremi polarizzati positivi (esaltazione narcisistica) e negativi
(estremo disprezzo per sé stessi)
2) relazioni interpersonali scisse e superficiali, fondate sul soddisfacimento dei bisogni, scarsa capacità
di mantenere l’interesse per l’altro nel tempo e scarsa empatia
3) uso massiccio di difese primitive
4) distorsioni percettive da lievi a gravi (depersonalizzazione, alterazione della percezione corporea)
Livello Psicotico
1) grave diffusione dell'identità e scarsa differenziazione nelle rappresentazioni di sé e degli altri
2) relazioni interpersonali caotiche con comportamenti socialmente inappropriati e angosce di
annientamento
3) uso costante di difese primitive
4) esame di realtà deteriorato
RESTITUZIONE E CHIUSURA
L'ultima fase dell'assessment multidimensionale è la restituzione, che avviene solo una volta che si è
pervenuti alla concettualizzazione del caso (o formulazione del problema) e dell'eventuale diagnosi, nel
caso in cui sia presente un disturbo psicopatologico.
Nel colloquio di restituzione viene fornita al paziente, utilizzando una terminologia semplice e fruibile, una
chiara e comprensibile descrizione della formulazione del problema a cui il clinico è pervenuto, in cui
vengono spiegati:
quali sono gli elementi hanno probabilmente favorito la manifestazione del problema
che cosa abbia provocato o contribuito alla sua insorgenza (non sempre sono presenti o evidenti fattori
scatenanti)
in che modo il problema si sia cronicizzato nel tempo o si sia aggravato
quali siano le risorse disponibili che hanno contenuto il problema e che possono essere utilizzate e
implementate nel corso del possibile intervento
La spiegazione della concettualizzazione del caso costituisce una prima forma di psico-educazione che aiuta
il paziente a capire il perché della sua condizione attuale:
− la comprensione del proprio funzionamento agevola la riduzione della preoccupazione e l’ansia che il
paziente può manifestare nei confronti della sua condizione
− può essere di aiuto al paziente perché gli fa capire perché il clinico proporrà interventi al fine di
modificare alcuni aspetti, comportamenti o caratteristiche specifiche
È tuttavia necessario sottolineare la natura ipotetica della concettualizzazione e condividere con il paziente
il fatto che potrà subire aggiustamenti o integrazioni nel corso del tempo.
Durante questa fase si restituiscono anche i risultati emersi dalla compilazione dei questionari self-report:
− trasformando i punteggi in una descrizione dei costrutti valutati che sia fruibile e non equivocabile da
parte del paziente
− usando i risultati a supporto della spiegazione dei diversi elementi della concettualizzazione del caso
Nel caso di una restituzione complessa (non corrispondenza tra il problema segnalato dal paziente e il
problema o il funzionamento disadattivo rilevato dal clinico), può essere opportuno ricorrere a più colloqui
di restituzione in modo da comunicare gradualmente al paziente le difficoltà che presenta (ed
eventualmente la diagnosi), al fine sia di ridurne l'impatto che una tale comunicazione potrebbe esercitare,
sia di garantire una migliore comprensione.
Dopo aver spiegato al paziente la formulazione del problema, vengono discussi e concordati gli obiettivi
dell’intervento psicologico:
è importante identificare obiettivi a breve, medio e lungo termine, in modo da mantenere elevata la
motivazione e la compliance all'intervento
è consigliabile che gli obiettivi siano formulati in maniera tale in maniera tale da essere misurabili e
verificabili rispetto al loro raggiungimento o meno
Un’ulteriore parte del colloquio di restituzione prevede di illustrare le possibili procedure di intervento e il
loro fondamento teorico (favorisce la collaborazione da parte del paziente).
Si raccomanda al clinico di evidenziare il ruolo attivo che il paziente è importante mantenga nel corso
dell’intervento, anche in termini di attività (homework) che gli verrà chiesto di svolgere tra una seduta e
l'altra.
Infine, è utile fornire un'indicazione inerente alla prospettiva temporale dell'intervento, anche se ne va
sottolineata la natura ipotetica, in quanto potrebbero subentrare variabili intervenienti che potrebbero
modificare i piani di trattamento e le tempistiche stimate.
Le linee-guida della Society for Personality Assessment (SPA) individuano i seguenti elementi da indicare nel
report finale:
informazioni di base sull'individuo e sulle circostanze generali
identificazione dei motivi dell'assessment (quesiti diagnostici)
descrizione della storia e del contesto di vita dell'individuo per contestualizzare il quesito diagnostico, i
risultati dei test e la conclusione della valutazione
descrizione dell'atteggiamento della persona durante il processo di valutazione per valutare
l'attendibilità dei risultati dei test
descrizione dei risultati dei test e della loro interpretazione (sulla base di impegno, contesto di vita e
storia personale)
riassunto finale breve in cui i risultati della valutazione vengono organizzati in relazione ai quesiti
diagnostici
se appropriato e/o richiesto, suggerimenti o raccomandazione in merito al quesito principale