Sbobina Ergonomia
Sbobina Ergonomia
Programma
- Definizione e storia della Terapia Occupazionale
- Profilo professionale del T.O.
- Introduzione al modello BPS in medicina, con riferimento in particolare alla classificazione
ICF
- Principali modelli concettuali utilizzati in T.O.
- Casi clinici: SM, mieloleso, paziente pediatrico, paziente reumatologico e amputato
Il percorso formativo viene definito con Decreto del Ministero della Sanità e si conclude con il
rilascio di un attestato di formazione specialistica che costituisce titolo preferenziale per l’esercizio
delle funzioni specifiche nelle diverse aree, dopo il superamento di apposite prove valutative.
Il fisioterapista svolge la sua attività nell’ambito di strutture sanitarie pubbliche o private, in
regime di dipendenza o libero professionale (ART. 2 – ART. 3)
Terapista occupazionale
È individuata la figura professionale del terapista occupazionale, con il seguente profilo: il terapista
occupazionale è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, opera
nell’ambito della prevenzione, cura e riabilitazione dei soggetti affetti da malattie e disordini fisici,
psichici sia con disabilità temporanee che permanenti, utilizzando attività espressive, manuali –
rappresentative, ludiche, della vita quotidiana.
Il terapista occupazionale, in riferimento alla diagnosi ed alle prescrizioni del medico, nell’ambito
delle proprie competenze ed in collaborazione con altre figure socio-sanitarie:
- Effettua una valutazione funzionale e psicologica del soggetto, ed elabora, anche in equipe
multidisciplinare la definizione del programma riabilitativo, volto all’individuazione ed al
superamento dei bisogni del disabile ed al suo avviamento verso l’autonomia personale
nell’ambiente di vita quotidiana e nel tessuto sociale
- Tratta condizione fisiche, psichiche e psichiatriche, temporanee o permanenti, rivolgendosi
a pazienti di tutte le età; utilizza attività sia individuali che di gruppo, promuovendo il
recupero e l’uso ottimale di funzioni finalizzate al reinserimento, all’adattamento e alla
integrazione dell’individuo nel proprio ambiente personale, domestico e sociale
Il terapista occupazionale:
- Individua ed esalta gli aspetti motivazionali e le potenzialità di adattamento dell’individuo,
proprie della specificità terapeutica occupazionale
- Partecipa alla scelta e all’ideazione di ortesi congiuntamente o in alternativa a specifici
ausili
- Propone, ove necessario, modifiche dell’ambiente di vita e promuove azioni educative
verso il soggetto in trattamento, verso la famiglia e la collettività
- Verifica le rispondenze tra la metodologia riabilitativa attuata e gli obiettivi di recupero
funzionale e psicosociale
Il terapista occupazionale svolge attività di studio e ricerca, di didattica e di supporto in tutti gli
ambiti in cui è richiesta la specifica professionalità.
Il T.O. contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente
all’aggiornamento relativo al proprio profilo professionale.
Il terapista occupazionale svolge la sua attività professionale in strutture socio-sanitarie, pubbliche
o private, in regime di dipendenza o libero professionale.
Perché è stata necessaria una classificazione? Perché l’obiettivo è stato quello di fornire un
modello di riferimento per la codifica di un’ampia gamma di informazioni relative alla salute, oltre
che di utilizzare un linguaggio comune standardizzato per la comunicazione di dati relativi alla
salute in tutto il mondo e tra le varie scienze e discipline.
La classificazione ICF infatti viene utilizzata da tutti i soggetti che per professione si interessano
direttamente o indirettamente di persone che presentano una condizione di salute. Può essere
utilizzata da un singolo professionista o in un contesto di equipe multidisciplinare.
L’ambito di utilizzo non è solo sanitario (medico, fisioterapista, infermiere ecc..) ma anche sociale
(assistente sociale), pedagogico-educativo (scolastico, promozione delle pari opportunità delle
persone con disabilità, pensiamo agli insegnanti, educatori professionali, ecc..), nell’ambito della
ricerca (ricercatori, statistici per studi epidemiologici per esempio, influenza dei fattori ambientali
sulla salute..)
PDF 2: Modelli TO
Concetti generali
● L’essere umano è un essere occupazionale, che non è quindi un corpo da far camminare o
una voce da far parlare, ma una persona con interessi e capacità
● Le occupazioni costituiscono i mezzi per la terapia e anche i risultati dell’intervento
La storia occupazionale
Uno strumento per capire le risorse del paziente: una storia o narrativa che serve sia per avere una
base di informazione che, come parte del processo terapeutico (Kielhofner, 2005; Clark, 1996).
Il paziente è incoraggiato a parlare del fare nella propria vita per capire il significato delle tante
occupazioni che la compongono.
È incentrata anche sulle difficoltà ed è una riflessione aperta (story telling) per definire e creare
una storia per il futuro (story making) attraverso i desideri (lista degli interessi che non significano
capacità ma anche desideri o ricordi).
Autonomia
L’autonomia è un concetto complesso e soggettivo ed è obiettivo di qualsiasi percorso di cura.
È legato alla relazionalità: presuppone la voglia di fare da sé, spesso vissuta come un tentativo di
separazione emotiva o abbandono delle persone che ci stanno intorno.
È dare una risposta a una necessità (cosa posso fare con l’aiuto di un ausilio o di una persona). Il
nostro ruolo è quello di esplorare insieme al paziente il suo atteggiamento verso l’autonomia e
aprire la mente anche ad altre alternative.
Modello di occupazione umana (MOHO), Gary Kielhofner (2002) - Si basa sulla teoria dei sistemi:
- Sottosistema VOLITIVO: cosa troviamo piacevole e soddisfacente, quanto efficacemente
agiamo nel mondo e cosa riteniamo importante. È l’insieme dei pensieri, sentimenti e
decisioni che caratterizzano le occupazioni
- Sottosistema ABITUDINI: modelli di comportamento ripetuti per cui le persone imparano a
comportarsi in modo efficiente ed automatico (rete di attitudini organizzate che
caratterizzano abitudini e ruoli 🡪 danno identità e influenzano lo stile e il modo di fare)
- Sottosistema della PERFORMANCE mente-cervello-corpo: il fare comporta una complessa
interazione
Il Model Of Human Occupation (MOHO) di Gary Kielhofner (2002), è il modello più conosciuto, si
basa sulla teoria dei sistemi che vede l’essere umano come un’organizzazione complessa e
dinamica di diversi sistemi di azione. L’intero organismo umano è in continua modificazione e
sviluppo nel tempo. In particolare, l’essere umano viene visto come un’organizzazione complessa
di 3 sottosistemi: volitivo, abitudinario e performance mente-cervello-corpo.
Ambiente sociale-fisico: allo stesso tempo, viene considerato anche l'ambiente, inteso come
ambiente fisico e sociale, che può favorire o meno l'autonomia. Ogni ambiente può offrire sia delle
opportunità che delle restrizioni al comportamento occupazionale.
Quindi, è un modello che considera la motivazione della persona, le sue abitudini e l'ambiente per
far sì che la performance sia ottimale.
Uno degli strumenti usato dal MOHO è l'OPHI-II, che è una intervista semi-strutturata che viene
fatta alla persona per conoscere la storia occupazionale, le abitudini, gli interessi e l'ambiente.
Il modello VIVAIO del fare nella relazione (MOVI), Cunningham Piergrossi et al. 2005
È impermiato sulle emozioni che accompagnano il fare e vengono espresse in una relazione.
1. Il setting: rappresenta lo spazio, il luogo di terapia occupazionale, una stanza con una
varietà di materiali e oggetti che invitano al fare ed a scegliere. Può essere usato
individualmente o in piccoli gruppi. Altri setting: reparti dell’ospedale, stanza del paziente,
il domicilio, ecc...
2. La scelta: possibilità di scegliere da parte del paziente, rappresenta il riconoscimento della
sua soggettività.
3. I sensi e il pensiero (attraverso i sensi l’essere umano recupera e costruisce le immagini
interiori): ogni esperienza con il fare è anche un’esperienza sensoriale, è attraverso i sensi
che l’essere umano recupera e costruisce delle immagini interiori. Una stanza con tante
possibilità sensoriali.
4. Materiali e le trasformazioni: la trasformazione dei materiali nella stanza di terapia
occupazionale, rappresenta una trasformazione interiore, dove le emozioni, i pensieri e i
ricordi vengono traghettate dal fare. Pensiamo ad esempio ad attività di falegnameria,
tessitura, artigianato, porta a creare oggetti, pensieri, storie, relazioni.
5. La relazione terapeutica (l’incontro nel fare è terapeutico in sé, il fare è l’incontro di due
mondi interiori, Winnicott, 1971). Nasce una relazione a tre che modella la motivazione, la
curiosità, l’impegno, l’emotività e le abilità 🡪 partecipare alle occupazioni della propria vita
Il Modello Vivaio (MOVI), nasce in Italia, precisamente a Milano, e si basa principalmente sul fare
(la terapia contiene sempre il fare), sulle emozioni e i sentimenti che la persona prova durante le
attività. Questo modello applica dei concetti psicoanalitici alla relazione terapeutica tra terapeuta
e paziente, in particolare i pensieri, le emozioni, i ricordi, l'affettività.
Impairment – Menomazione
Nel contesto dell’esperienza della salute, una menomazione è qualsiasi mancanza o alterazione di
strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche
Disability – Disabilità
Nel contesto dell’esperienza della salute, una disabilità è qualsiasi limitazione o mancanza
(derivante da una menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nella misura
considerata normale per un essere umano.
Handicap – Svantaggio essenziale
Handicap = Disabilità + Barriere
Nel contesto dell’esperienza della salute, l’handicap è uno svantaggio per una data persona, il
quale risulti da una menomazione o da una disabilità e limiti o impedisca lo svolgimento di un
ruolo normale (in relazione a età, sesso e fattori sociali e culturali) per quella persona.
Autonomia – Che cos’è? → Capacità di eseguire una funzione o un’attività “da soli”
Indipendenza – Che cos’è? → Capacità del soggetto di compiere le ADL sfruttando le proprie
risorse residue e avvalendosi di ausili tecnici
Le amputazioni maggiori
È un intervento eseguito solo col proposito di salvare la vita al paziente.
Eziologia: traumatismi, processi settici, vasculopatia, tumori.
Metodiche di amputazioni (definire un moncone che si adatti alla protesi): sufficiente braccio di
leva, inserzione dei muscoli motori, vascolarizzazione ottimale e sutura accurata in zone non
sottoposte a carico.
Protesi: sono dispositivi artificiali che sostituiscono totalmente o parzialmente una parte di corpo
mancante.
L’amputazione rappresenta un fallimento se viene eseguita solo col proposito di salvare la vita al
paziente. In urgenza, serve a salvare la vita e ad essere il più conservatrice possibile.
Quando l’amputazione è programmata deve essere ragionata bene per livello e tipo di moncone,
costruendolo in modo tale che si adatti alla protesi.
Importante avere un sufficiente braccio di leva. Attenzione all’inserzione dei muscoli motori, ad
una vascolarizzazione ottimale e ad una sutura accurata in zone non sottoposte a carico.
Eziologia (Italia)
- Prima causa: problematiche vascolari, 50% da diabete (ISS, 2011)
- Pazienti > 85 anni e comorbilità (arteriti e patologie cardiache)
- I pazienti affetti da diabete hanno una probabilità 20 volte maggiore, rispetto ai non
diabetici, di sviluppare gangrena
- Le amputazioni sono più frequenti fra gli uomini, con un tasso di circa due volte superiore a
quello delle donne e sono fortemente associate all’età, con valori prossimi allo zero prima
dei 40 anni e successivamente crescenti esponenzialmente con l’età
- Altre cause: infezioni, occlusioni arteriose, aneurismi e trombo-embolie, AIDS, malattie
autoimmuni, tumori e incidenti
- Malformazioni congenite: amelie quando c’è la mancanza totale dell’arto; focomelie
quando manca solo una parte dell’arto
Eziologia (Stati Uniti)
- CLTI (Chronic Limb Thretening Ischemia) ha un’incidenza dell’11% in pazienti affetti da PAD
(Perineal Artery Disease)
- La prevalenza della CLTI è dell’1,28% nella popolazione over 40
- All’interno della popolazione dei pazienti affetti da PAD con CLTI, la presenza del diabete
cade in range tra il 27-76%
- 100000 amputazioni maggiori vengono eseguite ogni anno in USA, di queste il 50% si può
attribuire al diabete e a PAD
CLTI: Ischemia cronica pericolosa per gli arti, è una forma più grave di PAD (Arteriopatia Periferica).
Il flusso sanguigno distale e la funzione della microcircolazione vengono gravemente
compromesse causando rest pain, ulcere ischemiche e cancrena.
La PAD è una condizione causata dall’ostruzione delle arterie periferiche, con conseguente
aumento del rischio di eventi cardiovascolari e morte prematura. Il classico sintomo della PAD è la
claudicazione intermittente o dolore alla deambulazione, ma è importante tener conto del fatto
che due terzi di tutti i pazienti è asintomatico.
Impatto psicologico: perdere una parte di sé comporta una modificazione dell’immagine di sé.
Perdita di funzione, cambiamento dello stile di vita, perdita del ruolo (implicazioni economiche e
sullo status socio-economico), perdita di indipendenza e controllo.
Il processo di recupero non è meramente funzionale ma è importante il ruolo educativo del
terapista. Il dolore:
- Del moncone (risposta infiammatoria che irrita le terminazioni nervose, in seguito
potranno formarsi neuromi) → arto declive, compressione elastica, esercizi per migliorare
RV, massaggio della cicatrice
- Dell’arto fantasma: sensazione a carico dell’arto mancante (PLS, Phantom Limb Sensation)
(70%) → TENS, massaggio, esercizio, compressione e agopuntura
- Dolore secondario: sovraccarico del sistema muscoloscheletrico residuo a livello del
moncone (ecchimosi, lesioni cutanee, follicolite) o delle articolazioni a monte
L’amputazione ha un impatto psicologico importante. Perché perdere una parte di sé, implica una
modificazione dell’immagine che si ha di se stessi, che in alcune persone, soprattutto agli inizi è
molto difficile da accettare, pensiamo ad una donna che ha fatto una mastectomia.
Con l’amputazione alcune funzioni vengono ovviamente perse, e quindi ci sarà un cambiamento
dello stile di vita del paziente, sia dal punto di vista funzionale che socio-economico.
L’altro problema è la gestione del dolore.
Il moncone è purtroppo frequentemente sede di manifestazioni dolorose che vanno da una
semplice sensazione di fastidio, a veri e propri tormenti che rendono difficoltoso o addirittura
impediscono l’utilizzo della protesi ed il corretto svolgimento del programma riabilitativo.
Sindrome dell’arto fantasma: il paziente percepisce sensazioni di tipo sensitivo-posizionale ed
anche motorie dell’arto che gli è stato amputato. Può diventare nel tempo estremamente
invalidante. Questa sindrome non si presenta mai nei bambini amputati prima dei 5 anni, questa
cosa è suggestiva del consolidamento a livello corticale dello schema corporeo.
Il dolore trova in genere attenuazione dall’utilizzo della protesi e dalla somministrazione di
correnti analgesiche (TENS), qualora queste non siano sufficienti sarà necessario ricorrere a
farmaci analgesici, psicotropi e antidepressivi.
Dolore secondario: dovuto a cause estrinseche come scarsa igiene o all’utilizzo di protesi non
idonee. Quindi si osservano disturbi cutanei quali piaghe, ulcere, fistole, da conflitto con
l’invasatura, dermatiti micotiche e follicoliti da inadeguata igiene locale, dermatosi allergiche.
Scoperta la causa è importante porre rimedi come modifiche dei punti di appoggio e di attrito
dell’invasatura e dei materiali che si utilizzano nella realizzazione di quest’ultimo. (es. silicone),
opportune norme igieniche da insegnare al paziente, tricotomia e utilizzo di speciali calze
antisudore.
Valutazione funzionale
Fasi del trattamento fisioterapico *POSSIBILE DOMANDA ESAME*
Fase pre-protesica: quasi la metà delle persone che subisce un’amputazione non può essere
protesizzato a causa della presenza di comorbilità cardiache e/o respiratorie.
- Preparazione della PT: compressione e sagomatura del moncone
- Miglioramento della fitness cardiovascolare
- Core stability e rieducazione propriocettiva del tronco e delle articolazioni residue a monte
- Esercizi di stretching e rinforzo muscolare
- Controllo del dolore e sostegno psicologico
- Educazione del paziente e del care giver
- Riferimenti dei tecnici ortopedici per il confezionamento della protesi
Il periodo di tempo che intercorre tra l’intervento chirurgico e la fornitura della protesi è
normalmente di circa 40-60 giorni, ed è in questo lasso di tempo che deve svolgersi nella maniera
più esaustiva possibile il programma di rieducazione pre-protesica, il quale ha molteplici scopi:
- Ripristinare buone condizioni generali e locali del moncone;
- Prevenire contratture, retrazioni e rigidità;
- Fare apprendere e rendere istintivi all’amputato i movimenti isotonici e isometrici che
azioneranno la protesi;
- Rieducare all’autonomia e alla gestualità;
Il moncone
- Trattamento
- Prevalenza degli abduttori e flessori
- Atteggiamento in flessione
- Dolore
- Arto fantasma
- Neuroma doloroso
Il moncone dovrà essere oltre che ben cicatrizzato, trofico e privo di edemi → muscolarmente
equilibrato, funzionalmente bilanciato, ben “stoffato”, non dolente al contatto, lunghezza
ottimale.
Fasciature e bendaggio
- Proteggere ferite o lesioni cutanee
- Mantenere in sede i materiali di medicazione
- Assicurare l’asepsi
- Favorire la risoluzione dell'edema con la compressione
La fase del nursing del moncone comprende un adeguato bendaggio, una corretta postura e la
presa di coscienza del nuovo stato da parte del paziente.
Bendaggio
- Circolare: i giri di fascia sono orizzontali e sovrapposti l’uno all’altro
- Ricorrenti o cappellina: i giri di fascia sono verticali dall’avanti all’indietro e viceversa,
terminano alla stessa altezza dove vengono fissati da giri orizzontali circolare. Usati per
ricoprire la testa
Il bendaggio post-operatorio ha lo scopo di ridurre l’edema ed impedire le retrazioni e l’atrofia del
moncone; quindi:
1) Ridurre l’edema
2) Dare la giusta forma al moncone
3) Proteggere la cute
Il bendaggio va portato durante il giorno per essere rimosso durante l’esercizio terapeutico ed alla
sera quando il moncone deve essere sottoposto a detersione con sapone liquido per essere poi
immerso in acqua salata allo scopo di irrobustire la cute e di facilitarne la cicatrizzazione.
Sarebbe bene se queste pratiche igieniche venissero effettuate dal paziente stesso che ha così un
approccio col proprio moncone.
Fase post-protesica: importante la collaborazione con il tecnico ortopedico per eventuali
modifiche dell’invaso e della protesi.
- Esercizi di rinforzo, stretching, stabilità ed equilibrio
- Rieducazione allo schema del passo con e senza ausili per minimizzare i compensi,
incrementare la sicurezza e promuovere un’efficiente funzione energetica
- Prosecuzione delle cure per il controllo del dolore
- ADL e IADL
- Educazione alla gestione e cura del moncone e della protesi
Questa fase coincide con la consegna della protesi non ancora ultimata (in prova), il cui uso è
ancora sconosciuto al paziente. Questi dovrà prendere confidenza con il mezzo, dovrà essere in
grado di indossarla e di gestirla autonomamente. È una fase molto delicata soprattutto sul piano
psicologico: non è raro infatti assistere a crisi di rifiuto da parte del paziente ed il ruolo del
terapista è importantissimo nel determinare l’accettazione. Il paziente viene pertanto sottoposto
ad un training di adattamento che prevede esercizi eseguiti con protesi indossata. Hanno lo scopo
di migliorare l’efficacia del controllo muscolare, padronanza del movimento e soprattutto acquisire
la sensazione di una continuità sensitiva, anatomica e funzionale tra il moncone e la protesi.
Vengono effettuati esercizi di rinforzo, di stretching, di mobilità, di stabilità ed equilibrio in caso di
protesi di arto inferiore.
Poi si passa alla rieducazione del gesto, per attività di vita quotidiana e infine una volta ritenuto
concluso il trattamento riabilitativo, ci si dovrà preoccupare del reinserimento del paziente nella
vita di tutti i giorni.
Protesi completa
Il ginocchio protesico
Il ginocchio è probabilmente il componente protesico più complesso (e non a caso il più costoso)
tra tutti quelli presenti sul mercato.
Ci sono diverse tipologie di ginocchia sul mercato e pur assolvendo compiti simili, lo fanno in
maniera molto diversa. La scelta di un ginocchio per un amputato transfemorale è una decisione
importante in quanto influenza, molto più di altri componenti, tutti i suoi movimenti e determina
la sicurezza nell’uso della protesi.
È importante tener presente che non c’è un ginocchio che va bene per tutti, ma ognuno deve
valutare la scelta in base al proprio stile di vita, all’età, al peso, a quanto è importante la sicurezza
in rapporto alla dinamicità e ovviamente al prezzo.
Le protesi di ginocchio, così come quelle di piedi protesici, dipendono da parametri come l’età, il
livello di attività e le specifiche richieste del paziente, poiché non è detto che il ginocchio più
avanzato rispecchi le esigenze del soggetto amputato: infatti, fattori come stabilità e sicurezza a
volte sono più ricercati rispetto ad una maggior performance sportiva. Esistono in commercio oltre
cento meccanismi che simulano l’articolazione del ginocchio, e si possono classificare in due
categorie: quelli meccanici e quelli computerizzati.
Quelli meccanici si dividono in monoassiali e multiassiali.
Il ginocchio elettronico è caratterizzato da un’interazione molto specifica tra componenti sensoriali
come accelerometri e celle di carico, il cui compito è quello di rilevare la posizione e il movimento
del dispositivo nello spazio, ed un’intelligenza artificiale che elabora i segnali provenienti dai
sensori facendo produrre una risposta in retroazione degli attuatori meccanici che permettono la
locomozione.
I sensori monitorano movimento e tempistiche e regolano un cilindro di controllo liquido o ad aria;
questi giunti, controllati da un microprocessore, diminuiscono lo sforzo che gli amputati devono
compiere durante il movimento
Mono assiale o monocentrico: spesso più economico ma meno performante di altri, non a caso è il
modello inserito nel nomenclatore ASL. Una delle difficoltà classiche è quella di non avere
regolazioni per l’oscillazione con conseguente passo poco naturale. È l'utente che spinge in
maniera meccanica il ginocchio che ruotando sul suo unico asse determina il movimento.
Più economici, ma meno performanti. Passo poco naturale, è il paziente che spinge in maniera
meccanica il ginocchio. Pertanto c’è un maggior rischio di caduta.
Ginocchia policentrici: hanno un controllo pneumatico o idraulico che permette di regolare lo
swing del passo rendendolo più naturale oltre che più sicuro.
Questo genere di ginocchio risulta più sicuro sia in fase di sblocco (quando si lancia il passo) che in
fase statica (quando si sta fermi).
Nei policentrici iniziamo a valutare anche il peso rispetto ad un ginocchio monocentrico
estremamente leggero. Non siamo ancora ai livelli delle ginocchia elettroniche, ma è un aspetto da
non sottovalutare, soprattutto se non si hanno buoni sistemi di tenuta per l’invaso o monconi non
troppo lunghi.
Altro piccolo vantaggio dei policentrici, dovuto alla loro struttura di rotazione è quella di
accorciarsi quando si effettua il passo, riducendo il rischio di inciampare.
In entrambe le tipologie di ginocchio, ci possono essere sistemi di bloccaggio e sicurezza manuali o
tramite spostamento del peso, che possono risultare utili all’inizio o in alcune situazioni particolari,
è comunque importante valutarlo in fase di acquisto per determinare cosa risponde meglio alle
nostre esigenze. I costi vanno dai 1000 ai 6000 euro.
Le ginocchia policentriche sono più complesse ed hanno un asse multiplo di rotazione. La loro
versatilità è la prima ragione della loro popolarità. Esse possono essere impostate in modo da
risultare molto stabili nella prima fase di stance, ma ancora facilmente flessibili per iniziare la fase
di swing o per sedersi. Le ginocchia policentriche sono adatte ad un ampio range di amputati.
Alcune versioni sono ideali per quegli amputati che non possono camminare con sicurezza con altri
dispositivi, hanno un’amputazione bilaterale o arti residui lunghi. Un ginocchio policentrico
standard ha un semplice controllo di swing meccanico che permette un’unica, ottimale, velocità di
locomozione; d’altra parte, molte ginocchia policentriche incorporano un controllo di swing fluido
(pneumatico od idraulico) che permette di variare la velocità di avanzamento.
La più comune limitazione del design policentrico risiede nel dover restringere l’intervallo di
movimento del ginocchio di qualche grado, di solito non una quantità tale da porre significativi
problemi. Le ginocchia policentriche sono anche più pesanti e contengono parti che devono essere
revisionate o sostituite più spesso di quelle di altri tipi di ginocchio.
Il ginocchio protesico
IDRAULICO PNEUMATICO
Pneumatico: indicato per pazienti con velocità del passo lenta o moderata.
Idraulico: consente qualsiasi velocità di cammino.
Un software intelligente all’interno di un microprocessore, controlla completamente ed
automaticamente sia il movimento di flessione che quello di estensione in tutte le sue possibili
condizioni di impiego. Ogni ginocchio è personalizzato in base a parametri individuali impostati nel
software. L’amputato può scendere le scale alternando indifferentemente piede destro e sinistro,
camminare su rampe scoscese e terreni sconnessi. Il passo si avvicina di più a quello fisiologico.
Velocità: il sistema elettronico dà gradualità al movimento consentendo di ottenere una rapida e
continua variazione della frequenza del passo. Quindi è possibile camminare lentamente o
rapidamente con estrema facilità e sicurezza.
Sicurezza: in tutte le fasi della deambulazione, che è la caratteristica del ginocchio elettronico. È
quindi impossibile cadere.
Invaso
L'invasatura è il componente in cui è contenuto il moncone ed è la parte più delicata della protesi,
pertanto la sua progettazione e realizzazione richiede grande attenzione da parte del tecnico
ortopedico.
I compiti principali dell'invasatura sono:
- Trasferire i carichi tra struttura portante della protesi e moncone
- Ottimizzare la distribuzione di pressione sulla superficie dell’arto residuo
È importante che l'invasatura aderisca il più possibile al moncone del paziente. Questo permette di
ottenere un miglior controllo della protesi ed evitare lo sfilamento della stessa durante la fase di
volo del cammino, a causa della gravità e delle forze d'inerzia. Inoltre, la presenza di gioco tra
invaso e tessuti molli a lungo andare può provocare infiammazioni, abrasioni, vesciche sulla pelle,
con conseguente abbandono della protesi da parte del paziente.
L'invasatura può essere rigida o flessibile. Fino agli anni '80 venivano usati per le invasature rigide
materiali come resine di laminazione, polipropilene o legno. La struttura dell'invasatura flessibile è
composta da un telaio rigido realizzato con fibre di carbonio che funge da struttura portante, e da
un'invasatura in polietilene a pareti flessibili che viene inserita nel telaio e serve per contenere il
moncone e aumentare il comfort per il paziente.
I vantaggi degli invasi flessibili sono il peso ridotto e l’adattabilità delle pareti flessibili alle
variazioni di volume del moncone, dovute, ad esempio, alle contrazioni muscolari. Il principale
svantaggio è il costo.
Piede → può essere statico, non articolato ma ammortizzato, oppure dinamico, solitamente
realizzato in carbonio. Possono poi essere divisi in monoassiale, con movimento di sola flesso-
estensione della caviglia, o multiassiale, con anche movimenti di prono-supinazione.
La parte inferiore della protesi è costituita dal piede protesico che è il medesimo per entrambi i
soggetti transtibiali e transfemorali.
Il ruolo che il piede protesico svolge all’interno della protesi è di rilevante importanza in quanto
rappresenta il mezzo con il quale l’amputato si interfaccia con il terreno e deve quindi garantire
affidabilità, stabilità, durabilità ed una buona funzionalità.
Si possono distinguere le seguenti categorie di piedi protesici:
- Piedi rigidi (SACH dinamici) o flessibili: costituiti da una carena rigida centrale in legno
rivestita da materiale elastico che ha il compito di replicare le caratteristiche
dell’articolazione della caviglia che non viene incorporata nel modello limitando
notevolmente la possibilità di flessione plantare e dorsale. Il suo fissaggio al pilone della
protesi si realizza mediante una vite la cui punta si avvita in un anello situato all’interno
dell’elemento protesico della caviglia e la cui testa alloggia nella zona inferiore del tallone
- Piedi dinamici: presenta una migliore ammortizzazione nella fase di contatto del tallone
con il terreno, grazie alla presenza di segmenti elastici che garantiscono una migliore
flessibilità. Durante la fase di doppio appoggio il piede conserva l’energia assorbita
attraverso una molla di plastica che la rilascerà nella fase di spinta andando a migliorare
l’assetto dinamico del cammino.
- Piedi monoassiali o pluriassiali: il piede protesico monoassiale permette il movimento
solamente sul piano sagittale. Il meccanismo al suo interno consente una flessione plantare
di circa 15° ed una flessione dorsale di solo 5°. Il piede protesico pluriassiale permette
invece il movimento in qualsiasi direzione. Presenta infatti un meccanismo che permette la
rotazione sull’asse trasversale dell’articolazione della caviglia per i movimenti di flesso-
estensione, procurando inoltre un leggero movimento medio-laterale e di leggera
rotazione.
- Piedi a restituzione di energia: i piedi a restituzione di energia sono progettati per
immagazzinare e rilasciare energia durante il ciclo del passo in modo da facilitare
l’avanzamento dell’arto protesico. Questa categoria di piedi protesici è infatti in grado di
subire una deformazione elastica durante il contatto della protesi con il terreno, quando
tutto il peso corporeo agisce sull’arto protesico, e di recuperarla una volta iniziata la fase di
scarico, in modo da rilasciare tutta l’energia immagazzinata e permettere l’avanzamento
della protesi. Quelle in carbonio non sono protesi pensate principalmente per camminare
ma per praticare i più disparati tipi di sport (dagli sport acquatici, agli sport alpini). Hanno
delle componenti particolari, il piede a restituzione di energia, sono delle strutture
elastiche, come delle molle in fibra di carbonio che consentono di accumulare gran parte
dell’energia dovuta al carico e di restituirla poi nelle fasi successive del passo. Quelle in
carbonio non sono protesi pensate principalmente per camminare ma per praticare i più
disparati tipi di sport (dagli sport acquatici, agli sport alpini). Hanno delle componenti
particolari, il piede a restituzione di energia, sono delle strutture elastiche, come delle
molle in fibra di carbonio che consentono di accumulare gran parte dell’energia dovuta al
carico e di restituirla poi nelle fasi successive del passo.
Vantaggi:
- Elevata sicurezza e basso rischio di caduta
- Mobilità dinamica in tutte le direzioni, passo fisiologico e molto simile a quello naturale
- Basso dispendio di energia
- Distribuzione del carico uniforme su entrambi gli arti (non viene sovraccaricato l’arto
controlaterale)
- Il paziente è in grado di camminare con libertà senza doversi concentrare sulla protesi
- Durante il periodo di garanzia il tagliando annuale è gratuito
- Disponibile un C-Leg in sostituzione durante il periodo di disservizio
- Garanzia di mobilità in tutto il mondo
Protesi di gamba
Classificazione funzionale
Le protesi passive assistono all’equilibrio, nella stabilizzazione di oggetti (come tenere un foglio di
carta quando si scrive) e nelle attività ricreative/professionali. Hanno l’aspetto di un arto naturale
e sono quelle più leggere e meno costose, ma non consentono movimenti attivi della mano e delle
articolazioni.
Le protesi estetiche tradizionali sono protesi passive, dispositivi concepiti per ripristinare
l’immagine e l’integrità corporea. Esse sono costituite, oltre che dall’invasatura, da un’anima in
schiuma rigida e leggera e da un guanto estetico di rivestimento. Il guanto di rivestimento
riproduce la morfologia anatomica, prevede fino a 18 colorazioni, è resistente all’abrasione (PVC)
ed è impermeabile.
Quando si arriva a questa soluzione, il look naturale ha la priorità. Gli utenti non pongono tanto
valore alla funzione della loro protesi e preferiscono nascondere la loro amputazione il più
possibile. Questo sistema dà loro fiducia – specialmente in certe situazioni, durante lo shopping e
a teatro. Il peso leggero della protesi è un’altra caratteristica che evidenzia questo tipo di protesi.
Tuttavia, è indicata solo per un utilizzo funzionale ridotto al solo supporto passivo, per tenere in
mano gli oggetti.
Ci sono poi quelle di tipo modulare, costituite dai diversi moduli.
Le protesi ad energia corporea sono le più comuni perché tendono a essere meno costose, più
durevoli e a richiedere meno manutenzione. Un sistema bretella staccabile mantiene la protesi
attaccata e utilizza il movimento della scapola e del braccio del soggetto per manovrare l’uncino, la
mano e/o l’articolazione del gomito. Alcuni sistemi si servono del braccio opposto per avviare una
particolare funzione; l’estremità di una cinghia circonda il braccio opposto a livello del cavo
ascellare, mentre l’altra estremità è connessa a un cavo che controlla il dispositivo terminale
(uncino, mano o dispositivo specializzato per una funzione particolare).
I soggetti che svolgono un lavoro fisico generalmente prediligono questo tipo di protesi.
La protesi cinematica controllata da un cavo viene controllata con l’aiuto dell’articolazione della
spalla e del tronco. E’ una protesi affidabile e robusta in grado di resistere alle influenze ambientali
come sporco, polvere, acqua e temperature estreme. E’ indipendente da fonti di alimentazione
come le batterie ed è facile da controllare. L’utente ha un feedback immediato e sensoriale che
può essere di aiuto in compiti manuali che richiedono sensibilità.
La protesi cinematica è una protesi robusta, facile da utilizzare ed affidabile con peso ridotto e che
richiede una ridotta manutenzione.
L’utente può focalizzarsi sull’attività senza limiti delle batterie, dell’acqua, dello sporco e del
calore, le forze applicate sul bretellaggio aprono e chiudono la mano in modo indipendente o
bloccano il gomito. Utilizzo e manutenzione della protesi facile e semplice. La presa è più precisa
grazie al feedback sensoriale sull’oggetto afferrato e al posizionamento della protesi.
Ideale per utenti che lavorano in produzione in serie ma risulta anche molto utile per lavori
domestici o persone che lavorano in agricoltura ed anche per attività del tempo libero, in ambienti
umidi.
Le protesi ibride sono solitamente utilizzate per amputazioni più alte degli arti superiori. Esse
possono combinare caratteristiche specifiche delle protesi a energia corporea e delle protesi
alimentate mioelettricamente. Ad esempio, un gomito ad energia corporea potrebbe essere
combinato con una mano o un dispositivo terminale alimentati esternamente.
Le protesi per attività specifiche sono per i soggetti che praticano attività che potrebbero
danneggiare il moncone o le protesi quotidiane, o per i casi in cui la protesi quotidiana non
funzionerebbe in modo efficace. Queste protesi spesso comprendono un’interfaccia,
un’invasatura, un sistema di sospensione e un dispositivo terminale appositamente progettato. I
dispositivi terminali per attività specifiche possono consentire al soggetto di afferrare un martello
e altri strumenti, quali ad esempio una mazza da golf, una mazza da baseball o un guanto da
baseball. Altri supportano varie attività specifiche (ad esempio, il nuoto o la pesca). Queste protesi
possono essere passive o controllate dal soggetto amputato.
Criteri di Classificazione
In base ai distretti articolari interessati:
● ortesi per arto superiore
● ortesi per arto inferiore
● ortesi per il rachide
Funzioni
Ortesi Statiche
Materiali:
Esistono ortesi costruite in materiale termoplastico, in titanio, in alluminio; ma la cosa più semplice
è la stecca di Zimmer, un’ortesi modellabile costituita da una stecca di alluminio imbottita con della
spugna utilizzata tantissimo in traumatologia.
Ovviamente ci sono vantaggi e svantaggi nei diversi materiali.
Materiale morbido
- Facilità di vestizione dell’ortesi
- Maggiore tollerabilità
- Scarsa capacità di contenimento, trazione, spinta che può dare un materiale rigido, quindi
scarsa correzione delle deformità.
Materiale rigido
- Migliore capacità di contenimento e di correzione
- Minore tollerabilità
- Maggiore possibilità di arrossamento
La lastra di materiale termoplastico si modella in relazione alle esigenze. L’ortesi deve essere
fissata con bende o velcro. Particolare attenzione, nella fase di progettazione e costruzione, alle
pieghe e alle prominenze ossee per le possibili lesioni da decubito.
In relazione alle varie caratteristiche del materiale, lo splint si può stirare e deformare in base alle
esigenze.
L’ortesi dinamica:
- Ha parti in movimento
- Ha una base statica e mezzi di trazione
- Esercita una forza dinamica su un’articolazione, un movimento.
Esercitano una tensione in una direzione di movimento, consentendo il movimento attivo nella
direzione opposta.
Scoliosi ed Ortesi
Nell’atteggiamento scoliotico le deviazioni sono solo funzionali; quando sono strutturate si parla di
scoliosi.
Trattamento:
- scarpe ortopediche
- rialzi e piani (sul lavoro)
- occhiali
- ginnastica
- piani di lavoro
Scoliosi trattamento!
● Deviazione permanente nei tre piani dello spazio
● A piccolo raggio
● Presenza di alterazioni anatomiche strutturata
: crescita asimmetrica delle vertebre anomala distribuzion
● Evolutiva
● Permane durante i movimenti non autocorreggibile
● Dorso piatto
● SOGLIE:
- 10 gradi COBB diagnosi
- 30 gradi COBB importante
- 50 gradi COBB grave
La scoliosi idiopatica è una complessa deformità strutturale della colonna vertebrale che si torce
sui tre piani dello spazio:
- sul piano frontale si manifesta con un movimento di flessione laterale,
- sul piano sagittale con una alterazione delle curve, il più spesso provocandone
un’inversione,
- sul piano assiale con un movimento di rotazione. Non riconosce una causa nota, e
probabilmente nemmeno una causa unica.
Da un punto di vista eziopatogenetico, quindi, la deformazione vertebrale provocata dalla scoliosi
idiopatica può essere definita come il segno di una sindrome complessa ad eziologia
multifattoriale.
La definizione classica della Scoliosis Research Society, definisce la scoliosi come una curva di
più di 10° Cobb sul piano frontale senza considerare il piano laterale, le cui modificazioni incidono
significativamente sull'evoluzione della scoliosi e la trattabilità ortesica. In base a questo dato, molti
dei lavori pubblicati sull’efficacia del trattamento conservativo della scoliosi (fisioterapia, corsetti
gessati, busti) utilizzano come unico parametro la modificazione dei gradi Cobb.
Questo aspetto è destinato nel futuro ad essere rivisto, in particolare considerando l’importanza
della rotazione vertebrale, valutabile sia radiograficamente che clinicamente.
Il paziente con la scoliosi presenta clinicamente:
- Dislivello delle spalle;
- Dislivello del bacino;
- Asimmetria delle scapole;
- Gibbo;
- Asimmetria dei triangoli della taglia (lo spazio che si forma tra il busto e gli arti superiori
estesi lungo i fianchi);
- Sbilanciamento del capo.
Quali le conseguenze?
- Problematiche neuromotorie
- Problematiche biomeccaniche
- Problematiche cardio-respiratorie
- Problematiche estetiche e quindi psicologiche
- Dolore (causato ad esempio da retrazioni, contratture muscolari).
- Problematiche estetiche problematiche psicologiche
- Limitazione nelle attività (disabilità) per la riduzione della capacità di sforzo
Scoliosi Terapia
consiste in valutazioni cliniche regolari con uno specifico periodo di follow-up. L’intervallo tra una valutazione e l’altra v
● Prevenire o curare sindromi dolorose della colonna - In uno studio di follow-up della durata
di più di 40 anni è stata osservata una prevalenza tre volte più alta di lamentele legate al
dolore cronico e un’incidenza 20 volte maggiore di dolore grave e acuto in un gruppo di
persone con scoliosi idiopatica non trattata rispetto al gruppo di controllo.
In generale:
● Educare il paziente all’autocorrezione della propria postura
● Esercizi nelle attività di vita quotidiana
● Esercizi posturali finalizzati al miglioramento del controllo neuromotorio e posturale del
rachide, al miglioramento dell’equilibrio e della propriocezione e al rinforzo della funzione
tonica della muscolatura del tronco
● Eseguiti durante il trattamento con corsetto, personalizzati durante lo svezzamento dal
corsetto per ridurre il dolore e aumentare la funzionalità
● Esercizi respiratori
Trattamento Riabilitativo
Esso è già utile nelle forme iniziali, quando non è nota l’evolutività della curva.
Obiettivi:
➢ Migliorare la respirazione
➢ Migliorare il trofismo muscolare
➢ Eliminare le iniziali rigidità di rachide ed anche
➢ Contrastare le retrazioni muscolari
➢ Far prendere coscienza della deformità
➢ Migliorare il controllo posturale
➢ Acquisire e mantenere nuovo assetto posturale
terapia manuale (intesa come mobilizzazione delicata a breve termine o tecniche di rilascio dei tessuti molli)
solo in associazione agli esercizi fisioterapici specifici
NO mobilizzazioni manuali e manipolazioni !!!
non esistono pubblicazioni scientifiche rigorose sull’efficacia terapeutica di: plantari (non rialzi), byte, medicinali conven
…Riassumendo…
★ ginnastica posturale
★ esercizi di mobilizzazione vertebrale
★ esercizi di tonificazione muscolare
★ esercizi respiratori
Attività Sportiva
- Lo sport NON deve essere prescritto come un trattamento per la scoliosi idiopatica.
- Lo svolgimento di attività sportive di carattere generale, offrono al paziente scoliotico
vantaggi aspecifici in termini psicologici, neuromotori ed organici generali
- Continuare l’attività fisica scolastica
- Continuare le attività sportive durante il periodo di utilizzo del corsetto.
- Evitare attività agonistiche molto mobilizzanti e/o in estensione del rachide (come la
ginnastica ritmica) in scoliosi ad alto rischio di evolutività. L’incidenza di scoliosi tra le atlete
di ginnastica ritmica è 10 volte più alta.
L’attività sportiva consente un riequilibrio psico-motorio, è consigliabile per tutti e deve trovare
spazio nell’adolescente scoliotico con le dovute modalità, a seconda del tipo di paziente e della
gravità ed evolutività della curva. Gli aspetti psicologici e sociali sono correlati alla negatività di
immagine nei confronti del proprio corpo. L’attività motoria consente di intervenire su questi aspetti,
mantenendo il paziente inserito nel suo gruppo.
E il nuoto?
Tradizionalmente è stato proposto come buona attività sportiva per la scoliosi (e prescritto da
alcuni medici come trattamento).
In realtà ci sono studi che tendono ad evidenziarne alcuni limiti o addirittura controindicazioni,
come l’aumentato rischio di asimmetria del tronco e ipercifosi.
Domanda Esame: perchè nella ginnastica ritmica è stata valutata incidenza 10 volte maggiore di
scoliosi? Perché l’ipermobilizzazione può peggiorare la curva scoliotica.
Lezione 08/01/2024
Trattamento ortesico
Il trattamento ortesico agisce solo sull’aspetto meccanico della deformità vertebrale, ed in questo
sta il suo limite terapeutico.
Non è in grado di far scomparire la curva, ma può limitarla e contenerne l’evoluzione.
La storia del busto inizia prima del Cinquecento, e prosegue fino ai giorni nostri. Sulla sua utilità i
pareri sono discordanti:
- Alcuni la ritengono il male minore quando è necessario sostenere una colonna che sta
crollando
- Altri lo condannano perché, oltre ad ostacolare il normale sviluppo toracico, sostiene e
riduce le curve ma non le corregge e, sostituendosi ai muscoli del rachide, ne favorisce
l’atrofia.
Il trattamento ortesico è raccomandato nella terapia conservativa della scoliosi idiopatica,
- NO per le curve al di sotto dei 15 +- 5° Cobb.
- SI per curve superiori ai 20+-5° Cobb e residuo periodo di crescita, con dimostrata
evoluzione …
Corsetto rigido durante la notte (8-12 ore la notte)
Corsetto morbido
Corsetto rigido part time (12-20 ore al giorno)
Corsetto rigido full time (20-24 ore al giorno) o gesso
Efficacia del trattamento ortesico dipende da:
- Tipo di ortesi prescelta
- Indicazioni del prescrittore
- Abilità di chi lo confeziona
- Associazione o meno di trattamento riabilitativo e rieducativo
- Competenza del rieducatore
Percorso ortesico
- Prescrizione del corsetto
- Preparazione psicologica per accettazione
- Preparazione fisica → esercizi specifici ed attività fisica regolare
- Adattamenti iniziali
- Indossare e rimuovere il corsetto secondo indicazioni mediche
- Training di utilizzo e collaudo
- Controllo apprendimento
- Controlli medici ogni 2-3 cm (max 6 mesi)
- Controlli radiologici di norma ogni 5-6 cm (max 12 mesi)
- Adattamenti dell’ortesi alla crescita somatica
Rinnovo corsetto
Di norma subito dopo i primi 3-4 mesi di utilizzo del corsetto …
Azioni correttive
DOMANDA ESAME: Quali sono le azioni correttive del corsetto? elongazione verso l’alto,
deflessione, derotazione.
Spinecor - Obiettivi:
- Bloccare il peggioramento
- Evitare il corsetto rigido
- Procrastinare l’uso del corsetto rigido
- Evitare impatti negativi sulla crescita del tronco
(DOMANDA) Qual è l’azione principale del corsetto PASB: azione deflettente, agisce più sul piano
frontale per correggere la curva scoliotica
Milwaukee
Meccanismo di azione:
● Azione di Flessione
● Azione di Derotazione
● Azione di Elongazione
Azione
→ autoelongazione
→ spinte secondo il principio dei 3 punti
Indicazioni:
Corsetto Cheneau-Sibilla
Lapadula
Indicazioni
Curve lombari o toraco-lombari fino a 30° Cobb …
Conclusioni
Il piede è una struttura alquanto complessa, in cui sono presenti 26 ossa, 33 articolazioni e più di un
centinaio di muscoli, tendini e legamenti.
- Ossa tarsali o del gruppo del tarso
- Ossa metatarsali o del gruppo metatarsale o metatarsi
- Falangi
Importante è capire l’andamento del passo. Durante un cammino normale la prima fase è quella
dell’appoggio del tallone, successivamente si ha l’appoggio intermedio e infine la fase di spinta o
propulsione. Il piede parte in una posizione di inversione con appoggio prima della parte laterale
del tallone. Come si vede nella seconda immagine della colonna di destra, fondamentalmente la
pressione plantare segue l’appoggio plantare, quindi parte dalla zona laterale del calcagno,
mantenendo questa lateralizzazione fino alla fase di spinta, dove la pressione si distribuisce in
maniera graduale e omogenea lungo le teste metatarsali (dalla 5° alla 1°) per poi concludere
passando per il primo dito. Questa è un’informazione molto importante, perché come vedremo
sulla pedana baropodometrica, ci andrà ad indicare quale possa essere la possibile problematica
del piede.
Marcia Normale
Appoggio totale:
- L’arco plantare si distende
- Le teste metatarsali e le dita avanzano di alcuni mm
Carico anteriore:
- Il calcagno varizza ed è sollevato dalla suola
- L’arco plantare si accentua
- Il piede avanza di altri 5 mm
Ortesi correttive
- Modificano in modo definitivo una deformità o un vizio di funzione,
quando ancora possibile recuperare i rapporti corretti tra le
articolazioni
- Sono temporanee
Ortesi di compensazione
- Riequilibrano l’assetto del piede per deformità o disarmonie funzionali ormai irreversibili
(distribuzione del carico non dolorosa)
- Sono definitive
Ortesi plantare
Dispositivo medico realizzato su misura, secondo prescrizione medica,
non invasivo, che inserito all’interno di una calzatura modifica l’appoggio
plantare del piede correggendo atteggiamenti posturali e morfologici
scorretti o sovraccarichi patologici → È lo strumento principale della
correzione e della compensazione ortesica.
Ortesi - Il plantare
- L’impiego dei plantari riguarda l’assetto delle articolazioni plastiche e non influenza quelle
dinamiche
- Le articolazioni plastiche (sottoastragalica, intertarsale, tarso-metatarsale) mantengono la
forma anatomica e funzionale del piede e trasmettono il carico alle articolazioni dinamiche
- Le articolazioni dinamiche (tibiotarsica e metatarso falangea) sono capaci di determinare la
deambulazione
• Un altro rilevamento che viene eseguito è la realizzazione del “negativo” del piede utilizzando la
schiuma fenolica, che rispondendo alla pressione esercitata dal paziente in appoggio bilaterale, altera
la propria forma acquisendo il negativo delle rispettive caratteristiche posturali plantari. Viene poi
effettuata un’accurata colata di gesso che solidificata, darà vita al calco “positivo” del piede.
• Realizzazione: Dopo aver modificato il calco in gesso del positivo del piede, correggendone la postura,
si procede alla realizzazione vera e propria del plantare. Si scelgono i materiali più idonei alle necessità
ed esigenze del paziente. Incollati accuratamente seguendo l’ordine prestabilito, vengono poi
sottoposti ad alte temperature nell’apposito forno, per acquisire un’ottima tenuta dei materiali e per
migliorare le loro proprietà elastiche. Si procede con l’utilizzo della pressa Vacuum alla
termoformatura del plantare sotto vuoto. Sarà poi cura del Tecnico Ortopedico procedere alla
“rifinitura” del plantare eliminando le sezioni dove il materiale non ha nessuna funzione di correzione,
cosicchè inserito nella calzatura non possa arrecare al paziente dolore o disturbi.
• Presa misure: lunghezza, circonferenza metatarsale, calzata (rapporto tra lunghezza e circonferenza
metatarsale), collo piede, passata (posteriore al calcagno e piega della caviglia), altezza malleoli,
circonferenza inferiore e superiore rispetto ai malleoli;
• Realizzazione forma: forma in legno, si toglie o si aggiunge materiale (sughero) a seconda delle misure
prese precedentemente sul piede;
• Realizzazione tomaia: incartamento della forma con scotch di carta. Si incarta solamente l’emi-lato
laterale della forma per poi ribaltare il tutto verso la parte mediale. Si disegno a matita sulla forma
incartata il motivo della trama con la quale si intende realizzare la scarpa. Una volta realizzate le varie
componenti in cartone non resta che ritagliare le stesse forme questa volta sulla stoffa con la quale si
vuole realizzare la scarpa. Cucire le varie componenti della scarpa compresa la fodera interna.
• Montaggio tomaia: iniziare il montaggio della scarpa tirando la tomaia, fissandola all’intersuola e
incollando tra di esse la tomaia esterna e la fodera interna. Inserire i forti (o contrafforti) all’interno
della scarpa. Una volta inchiodata tutta la tomaia bisogna attendere qualche ora/giorno prima di
smontare la scarpa (togliere i chiodini ad uno ad uno). Fresare eliminando la tomaia in eccesso e
spianare la suola aggiungendo del sughero.
• Prova ufficiale – Prova Definitiva: prova scarpa e plantare. Tacco e suola rimovibile.
• Consegna
Al di sotto dei 6 anni: non indicata la fornitura di plantari a bambini sani e se:
La fornitura sopra i 12 anni (sino ai 18) se non con opportuna relazione clinica dettagliata dallo Specialista
prescrivente, in casi selezionati in relazione alla sintomatologia ed alla obiettività, da indicare all’atto
prescrittivo.
Domande esame
- Tempi di rinnovo dei plantari
- Quando devono essere prescritti (plantari non vengono prescritti ai bambini se non per patologie
gravi (piattismo o cavismo) 2 o 3 grado, malformazioni genetiche e soprattutto deve essere una
patologia permanente e non transitoria)