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ECNICHE DI RIEDUCAZIONE SPECIALISTICA ED ERGONOMIA

LEZIONE 1 - PDF 1: Terapia Occupazionale (TO)

Programma
- Definizione e storia della Terapia Occupazionale
- Profilo professionale del T.O.
- Introduzione al modello BPS in medicina, con riferimento in particolare alla classificazione
ICF
- Principali modelli concettuali utilizzati in T.O.
- Casi clinici: SM, mieloleso, paziente pediatrico, paziente reumatologico e amputato

Che cos’è la Terapia Occupazionale


È una professione relativamente nuova (D.M. 17 Gennaio 1997, n. 136).
Occupazionale si riferisce al FARE, alle occupazioni della vita di ogni giorno.
Le occupazioni sono impegni finalizzati che si estendono nel tempo, hanno un significato per chi le
svolge e contengono compiti multipli.

Storia della Terapia Occupazionale


Negli USA prese forma agli inizi del XX secolo negli ospedali psichiatrici.
La prima definizione (1918): la terapia occupazionale è un metodo di trattamento che utilizza
l’apprendimento e la partecipazione in occupazione produttiva. Ha la finalità di creare interesse,
coraggio e sicurezza nell’esercitare la mente e il corpo in attività salutari, superare disabilità
funzionali e ricreare capacità per l’utilità industriale e sociale.
Anche in Europa arriva negli anni 20’ in Inghilterra e Scozia, si ha un primo reparto di T.O. nel 1919
all’ospedale di Gartnavel a Glasgow, la prima scuola fu aperta nel 1930 a Bristol.
Durante la Prima guerra mondiale i T.O. furono inviati in Francia come “reconstruction aides”.
Durante la Seconda guerra mondiale, un grande numero di T.O. venne assunto negli ospedali
militari, programmando il rientro nel mondo del lavoro per le persone disabili.
1957: Bice Camparini, completa una preparazione formale e si dedica allo sviluppo della
professione universitaria, aprendo un reparto di terapia occupazionale (Clinica Neurologica
dell’Università La Sapienza).
Considerata una parte della fisioterapia, fino alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del profilo
professionale con D.M. 24 Maggio 1997, in cui la professione ha acquisito autonomia e ha potuto
cominciare a formare i futuri T.O. (primi CdL nel 2001).

Profili professionali a confronto - Fisioterapista


È individuata la figura del Fisioterapista con il seguente profilo: il fisioterapista è l’operatore
sanitario abilitato a svolgere in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, gli
interventi di prevenzione, cura e riabilitazione nelle aree della motricità, delle funzioni corticali
superiori, e di quelle viscerali conseguenti ad eventi patologici, a varia eziologia, congenita o
acquisita.
In riferimento alla diagnosi ed alle prescrizioni del medico, nell’ambito delle proprie competenze, il
Terapista della Riabilitazione:
- Elabora, anche in équipe multidisciplinare, la definizione del programma di riabilitazione
volto all’individuazione ed al superamento del bisogno di salute del disabile
- Pratica autonomamente attività terapeutiche per la rieducazione funzionale delle disabilità
motorie, psicomotorie e cognitive utilizzando terapie fisiche, manuali, massoterapiche e
occupazionali
- Propone l’adozione di protesi e ausili, ne addestra all’uso e ne verifica l’efficacia
- Svolge attività di studio, didattica e consulenza professionale, nei servizi sanitari ed in quelli
dove si richiedono le sue competenze professionali
- Verifica le rispondenze della metodologia riabilitativa attuata agli obiettivi di recupero
funzionale

Il fisioterapista, attraverso la formazione complementare, integra la formazione di base con


indirizzi di specializzazione nel settore della psicomotricità e della terapia occupazionale.
La specializzazione in psicomotricità consente al fisioterapista di svolgere assistenza riabilitativa sia
psichica che fisica in soggetti in età evolutiva con deficit neurosensoriale o psichico.
La specializzazione in terapia occupazionale consente di operare nella traduzione funzionale della
motricità residua, al fine dello sviluppo di compensi funzionali alla disabilità, con particolare
riguardo all’addestramento per conseguire l’autonomia nella vita quotidiana, di relazione, anche ai
fini dell’utilizzo di vari tipi di ausili in dotazione alla persona o all’ambiente.

Il percorso formativo viene definito con Decreto del Ministero della Sanità e si conclude con il
rilascio di un attestato di formazione specialistica che costituisce titolo preferenziale per l’esercizio
delle funzioni specifiche nelle diverse aree, dopo il superamento di apposite prove valutative.
Il fisioterapista svolge la sua attività nell’ambito di strutture sanitarie pubbliche o private, in
regime di dipendenza o libero professionale (ART. 2 – ART. 3)

Terapista occupazionale
È individuata la figura professionale del terapista occupazionale, con il seguente profilo: il terapista
occupazionale è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, opera
nell’ambito della prevenzione, cura e riabilitazione dei soggetti affetti da malattie e disordini fisici,
psichici sia con disabilità temporanee che permanenti, utilizzando attività espressive, manuali –
rappresentative, ludiche, della vita quotidiana.

Il terapista occupazionale, in riferimento alla diagnosi ed alle prescrizioni del medico, nell’ambito
delle proprie competenze ed in collaborazione con altre figure socio-sanitarie:
- Effettua una valutazione funzionale e psicologica del soggetto, ed elabora, anche in equipe
multidisciplinare la definizione del programma riabilitativo, volto all’individuazione ed al
superamento dei bisogni del disabile ed al suo avviamento verso l’autonomia personale
nell’ambiente di vita quotidiana e nel tessuto sociale
- Tratta condizione fisiche, psichiche e psichiatriche, temporanee o permanenti, rivolgendosi
a pazienti di tutte le età; utilizza attività sia individuali che di gruppo, promuovendo il
recupero e l’uso ottimale di funzioni finalizzate al reinserimento, all’adattamento e alla
integrazione dell’individuo nel proprio ambiente personale, domestico e sociale
Il terapista occupazionale:
- Individua ed esalta gli aspetti motivazionali e le potenzialità di adattamento dell’individuo,
proprie della specificità terapeutica occupazionale
- Partecipa alla scelta e all’ideazione di ortesi congiuntamente o in alternativa a specifici
ausili
- Propone, ove necessario, modifiche dell’ambiente di vita e promuove azioni educative
verso il soggetto in trattamento, verso la famiglia e la collettività
- Verifica le rispondenze tra la metodologia riabilitativa attuata e gli obiettivi di recupero
funzionale e psicosociale

Il terapista occupazionale svolge attività di studio e ricerca, di didattica e di supporto in tutti gli
ambiti in cui è richiesta la specifica professionalità.
Il T.O. contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente
all’aggiornamento relativo al proprio profilo professionale.
Il terapista occupazionale svolge la sua attività professionale in strutture socio-sanitarie, pubbliche
o private, in regime di dipendenza o libero professionale.

Al settore di terapia occupazionale afferiscono le seguenti patologie:


- Patologie neuromotorie congenite ed acquisite
- Disturbi della coordinazione motoria (DCD) o disprassie
- Ritardi cognitivi
- Quadri sindromici
- Disturbi dell’attenzione (ADHD)
- Disturbi della personalità

Un cambiamento di paradigma: due modelli concettuali per disabilità e funzionamento

MODELLO BIOMEDICO MODELLO BPS


Disabilità come deviazione osservabile rispetto Sviluppato da Engel alla fine degli anni
a parametri biomedici di struttura e funzione Settanta, pone al centro del sistema di cura il
(malattia, traumatismo, alterazione dello stato paziente nella sua complessità
di salute)
Basato sulla diagnosi medica La disabilità come componente naturale
dell’esperienza umana e non diminuisce il
diritto alla partecipazione sociale
La gestione della disabilità mira alla sua cura o La disabilità è una condizione umana, parte
a un adattamento ad essa costituente la variabilità umana e quindi
universale
L’assistenza medica è considerata prioritaria

Perché una classificazione?


● Per indirizzare le risorse in ambito sanitario e sociale nasce l’esigenza di definire la salute di
una popolazione in modo da rappresentare sia le aspettative di salute, sia i deficit da esso
relativi
● Bisogna avvalersi di misure specifiche per comparare la salute (popolazioni ed epoche
diverse) e determinare le priorità tra condizioni ad elevate mortalità e condizioni croniche
non fatali
● Aver utilizzato in passato la mortalità come indicatore di salute ha portato a sottovalutare il
grado di disabilità associato ad alcune malattie con bassa mortalità ma alta morbilità

Perché è stata necessaria una classificazione? Perché l’obiettivo è stato quello di fornire un
modello di riferimento per la codifica di un’ampia gamma di informazioni relative alla salute, oltre
che di utilizzare un linguaggio comune standardizzato per la comunicazione di dati relativi alla
salute in tutto il mondo e tra le varie scienze e discipline.
La classificazione ICF infatti viene utilizzata da tutti i soggetti che per professione si interessano
direttamente o indirettamente di persone che presentano una condizione di salute. Può essere
utilizzata da un singolo professionista o in un contesto di equipe multidisciplinare.
L’ambito di utilizzo non è solo sanitario (medico, fisioterapista, infermiere ecc..) ma anche sociale
(assistente sociale), pedagogico-educativo (scolastico, promozione delle pari opportunità delle
persone con disabilità, pensiamo agli insegnanti, educatori professionali, ecc..), nell’ambito della
ricerca (ricercatori, statistici per studi epidemiologici per esempio, influenza dei fattori ambientali
sulla salute..)

ICDH: International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps (OMS 1980)


Strumento complementare all’ICD (International Classification of Diagnosis) nato dalla necessità di
descrivere le conseguenze delle patologie (la sola diagnosi è insufficiente per la definizione di un
progetto individualizzato e la presa in carico della persona con disabilità).
Un modello unidimensionale che si proponeva di attirare l’attenzione alle conseguenze delle
patologie, allargando la prospettiva della diagnosi alle menomazioni, alla disabilità e all’handicap.
Suddivideva le conseguenze degli eventi morbosi in:
● Danno o menomazione (esteriorizzazione di uno stato patologico): perdita o alterazione di
una struttura o di una funzione psicologica, anatomica o fisiologica
● Disabilità: riduzione parziale o totale, conseguente a una menomazione, della capacità di
compiere un’attività, nel modo e nei limiti considerati “normali” per un essere umano di
quell’età, in condizioni basali, in egual contesto. Le disabilità possono avere un carattere
transitorio o permanente ed essere reversibili o irreversibili, progressive o regressive.
Possono insorgere come conseguenza diretta di una menomazione o come reazione
psicologica del soggetto ad una menomazione
● Handicap: condizione di svantaggio esistenziale sociale conseguente a una menomazione e
ad una disabilità, che limita o impedisce lo svolgimento di un ruolo e un’attività sociale
“normale”

ICF: International Classification of Functioning, Disability and Health (2001)


Il 22 Gennaio 2001 è stata approvata dal Comitato Esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità, dopo essere stata accettata da 191 Nazioni, una risoluzione che invitava tutti i Paesi ad
adottare una nuova classificazione, dal titolo International Classification of Functioning, Disability
and Health, ICF.
- ICF ha ulteriormente cambiato l’approccio al problema della disabilità, partendo dalla
definizione dello stato di salute della persona per rapportarvi un deficit, superando
definitivamente la definizione di handicap
- Nella classificazione ICF, infatti, la disabilità viene intesa quale conseguenza di una
complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, fattori personali e fattori
ambientali che rappresentano le circostanze in cui egli vive.
- L’ICF, collegando il fattore ambientale allo stato di salute della persona, promuove un
metodo di misurazione della salute, delle capacità e delle difficoltà nella realizzazione di
attività che permette di individuare gli ostacoli da rimuovere o gli interventi da effettuare
affinché l’individuo possa raggiungere il massimo grado di realizzazione.

I punti centrali della classificazione:


1. Universalità: al pari del funzionamento umano, la disabilità rappresenta un’esperienza
universale della umanità (non può essere considerata caratteristica di un gruppo
minoritario). La disabilità è una condizione in un contesto sfavorevole.
2. Ambiente: differenti ambienti, a parità di condizioni di salute, producono livelli diversi di
disabilità.
3. Linguaggio neutrale: è una classificazione positiva dei livelli di funzionamento umano, non
si concentra esclusivamente sui problemi di funzionamento. Un obiettivo della revisione è
stato evitare la terminologia negativa (termini quantomeno neutri e non esclusivamente
medici).
4. Parità: nessuna differenza tra fisico e mentale, seguire un’ottica eziologicamente neutrale
(tutti i livelli di disabilità sono definiti operativamente).
5. Modello BPS: fondamento epistemologico della nuova concezione di disabilità con
conseguente maggiore attenzione all’analisi del contesto personale, sociale e fisico

ICF suddiviso in due parti:

FUNZIONAMENTO E DISABILITÀ FATTORI CONTESTUALI


Funzioni e strutture corporee: Fattori ambientali:
comprende due classificazioni: una per le Comprende l’ambiente fisico, sociale e degli
funzioni dei sistemi corporei e una per le atteggiamenti in cui vivono le persone che
strutture corporee. possono avere un’influenza sulla capacità
dell’individuo di eseguire azioni o compiti, o
sul suo funzionamento o sulla struttura del
corpo.
Attività e partecipazione: Fattori personali:
comprende la gamma completa delle aree sono il background personale della vita e
indicanti gli aspetti del funzionamento da una dell’esistenza di un individuo che possono
prospettiva sia individuale che sociale. giovare un certo ruolo nella disabilità ma non
vengono classificati nell’ICF.
Rivoluzione culturale dell’ICF e il significato di salute
Mentre gli indicatori tradizionali si basano sui tassi di mortalità, l’ICF pone al centro la vita delle
persone affette da una patologia come esse convivono con essa e come questa condizione possa
essere migliorata per condurre un’esistenza produttiva e serena.
L’ICF pone al centro dell’intervento la persona, e la sua maggior innovazione è rappresentata dal
concetto di disabilità, che indica gli aspetti negativi dell’interazione tra individuo e il suo ambiente
(le menomazioni fisiche, le limitazioni delle attività e le restrizioni della partecipazione)
Viene eliminate la parola Handicap.
È uno strumento che permette di classificare il funzionamento di un individuo, nonché gli ostacoli
da rimuovere o gli interventi da effettuare.

PDF 2: Modelli TO

Concetti generali
● L’essere umano è un essere occupazionale, che non è quindi un corpo da far camminare o
una voce da far parlare, ma una persona con interessi e capacità
● Le occupazioni costituiscono i mezzi per la terapia e anche i risultati dell’intervento

● La terapia occupazionale parte dalla Performance Occupazionale (un’indagine intorno a


cosa fa questa persona, che cosa vorrebbe fare ma non riesce)
● Compito del terapista è capire le risorse, come pure le difficoltà intorno alle occupazioni
della vita
● Si parte sempre dalle risorse del paziente che spesso egli tende a sopravvalutare ma
rappresentano il suo modo di essere e il canale per entrare in contatto con lui

La storia occupazionale
Uno strumento per capire le risorse del paziente: una storia o narrativa che serve sia per avere una
base di informazione che, come parte del processo terapeutico (Kielhofner, 2005; Clark, 1996).
Il paziente è incoraggiato a parlare del fare nella propria vita per capire il significato delle tante
occupazioni che la compongono.
È incentrata anche sulle difficoltà ed è una riflessione aperta (story telling) per definire e creare
una storia per il futuro (story making) attraverso i desideri (lista degli interessi che non significano
capacità ma anche desideri o ricordi).

Le tre sfere della vita


1. Cura di sé: le cose che una persona considera essenziali per sopravvivere. Non siamo in
grado di stabilirle a priori senza ascoltare la storia occupazionale.
2. Lavoro: le occupazioni produttive, che danno un contributo alla società. La partecipazione
al lavoro porta a un senso della propria dignità per senso del dovere, appagamento e
denaro.
3. Gioco: attività che dà piacere, non viene imposta e contiene una gratificazione intrinseca.

Autonomia
L’autonomia è un concetto complesso e soggettivo ed è obiettivo di qualsiasi percorso di cura.
È legato alla relazionalità: presuppone la voglia di fare da sé, spesso vissuta come un tentativo di
separazione emotiva o abbandono delle persone che ci stanno intorno.
È dare una risposta a una necessità (cosa posso fare con l’aiuto di un ausilio o di una persona). Il
nostro ruolo è quello di esplorare insieme al paziente il suo atteggiamento verso l’autonomia e
aprire la mente anche ad altre alternative.

Modello di occupazione umana (MOHO), Gary Kielhofner (2002) - Si basa sulla teoria dei sistemi:
- Sottosistema VOLITIVO: cosa troviamo piacevole e soddisfacente, quanto efficacemente
agiamo nel mondo e cosa riteniamo importante. È l’insieme dei pensieri, sentimenti e
decisioni che caratterizzano le occupazioni
- Sottosistema ABITUDINI: modelli di comportamento ripetuti per cui le persone imparano a
comportarsi in modo efficiente ed automatico (rete di attitudini organizzate che
caratterizzano abitudini e ruoli 🡪 danno identità e influenzano lo stile e il modo di fare)
- Sottosistema della PERFORMANCE mente-cervello-corpo: il fare comporta una complessa
interazione
Il Model Of Human Occupation (MOHO) di Gary Kielhofner (2002), è il modello più conosciuto, si
basa sulla teoria dei sistemi che vede l’essere umano come un’organizzazione complessa e
dinamica di diversi sistemi di azione. L’intero organismo umano è in continua modificazione e
sviluppo nel tempo. In particolare, l’essere umano viene visto come un’organizzazione complessa
di 3 sottosistemi: volitivo, abitudinario e performance mente-cervello-corpo.
Ambiente sociale-fisico: allo stesso tempo, viene considerato anche l'ambiente, inteso come
ambiente fisico e sociale, che può favorire o meno l'autonomia. Ogni ambiente può offrire sia delle
opportunità che delle restrizioni al comportamento occupazionale.
Quindi, è un modello che considera la motivazione della persona, le sue abitudini e l'ambiente per
far sì che la performance sia ottimale.
Uno degli strumenti usato dal MOHO è l'OPHI-II, che è una intervista semi-strutturata che viene
fatta alla persona per conoscere la storia occupazionale, le abitudini, gli interessi e l'ambiente.

Il modello VIVAIO del fare nella relazione (MOVI), Cunningham Piergrossi et al. 2005
È impermiato sulle emozioni che accompagnano il fare e vengono espresse in una relazione.
1. Il setting: rappresenta lo spazio, il luogo di terapia occupazionale, una stanza con una
varietà di materiali e oggetti che invitano al fare ed a scegliere. Può essere usato
individualmente o in piccoli gruppi. Altri setting: reparti dell’ospedale, stanza del paziente,
il domicilio, ecc...
2. La scelta: possibilità di scegliere da parte del paziente, rappresenta il riconoscimento della
sua soggettività.
3. I sensi e il pensiero (attraverso i sensi l’essere umano recupera e costruisce le immagini
interiori): ogni esperienza con il fare è anche un’esperienza sensoriale, è attraverso i sensi
che l’essere umano recupera e costruisce delle immagini interiori. Una stanza con tante
possibilità sensoriali.
4. Materiali e le trasformazioni: la trasformazione dei materiali nella stanza di terapia
occupazionale, rappresenta una trasformazione interiore, dove le emozioni, i pensieri e i
ricordi vengono traghettate dal fare. Pensiamo ad esempio ad attività di falegnameria,
tessitura, artigianato, porta a creare oggetti, pensieri, storie, relazioni.
5. La relazione terapeutica (l’incontro nel fare è terapeutico in sé, il fare è l’incontro di due
mondi interiori, Winnicott, 1971). Nasce una relazione a tre che modella la motivazione, la
curiosità, l’impegno, l’emotività e le abilità 🡪 partecipare alle occupazioni della propria vita
Il Modello Vivaio (MOVI), nasce in Italia, precisamente a Milano, e si basa principalmente sul fare
(la terapia contiene sempre il fare), sulle emozioni e i sentimenti che la persona prova durante le
attività. Questo modello applica dei concetti psicoanalitici alla relazione terapeutica tra terapeuta
e paziente, in particolare i pensieri, le emozioni, i ricordi, l'affettività.

Il modello canadese della Permormance Occupazionale (CMOP), Law et al. 1983


- L’occupazione: insieme delle attività che hanno significato per le persone
- La persona: visione olistica 🡪 spiritualità, esperienze sociali e culturali e la performance
occupazionale osservabile
- La spiritualità: l’essenza del sé, vuol dire rispetto per le loro convinzioni, valori e obiettivi
- L’ambiente: il contesto 🡪 elementi culturali, istituzionali, fisici e sociali
Il Canadian Model of Occupation Performance (CMOP), si basa sulla performance occupazionale.
Anche in questo modello la persona ha un ruolo centrale, infatti la performance occupazionale
viene considerata come il risultato dell'interazione tra persona, occupazione e ambiente.
Occupazione insieme delle attività che hanno valore e significato per le persone nella vita di ogni
giorno (curare se stessi, trovare piacere nella vita, contribuire in modo sociale ed economico alla
propria comunità).
La persona, visione olistica dell’individuo che comprende la spiritualità, le esperienze sociali e
culturali, la performance occupazionale osservabile.
La spiritualità, è considerata la parte centrale, l’essenza del sé. Riconoscere le persone come esseri
spirituali significa riconoscere il loro valore intrinseco, rispettare le loro convinzioni, i loro valori ed
i loro obiettivi. Quando viene scelta un'occupazione nella terapia deve essere sempre considerato
il significato che ha la stessa per la persona.
L’ambiente, il contesto nel quale viene svolta la performance occupazionale. Ha elementi culturali,
istituzionali (economici, legali, politici) fisici (costruiti o naturali) e sociali. L’ambiente può avere un
effetto abilitante sull’occupazione così come un effetto opprimente.
La persona viene considerata nel suo insieme, ovvero tiene conto delle esperienze, della cultura e
della sua spiritualità. Per spiritualità si intende il valore e l'importanza che l'individuo dà a ciò che
fa.
Per occupazione ci si riferisce alle attività di vita quotidiana che hanno importanza per l'individuo,
ma hanno un significato più ampio, infatti le occupazioni conferiscono un senso alla vita. Per
questo le occupazioni vengono divise in "cura di sé", "tempo libero" e " produttività".
Anche in questo modello viene considerato l'ambiente, poiché può essere favorevole o
sfavorevole e di conseguenza anche le occupazioni ne vengono influenzate.
Lo strumento che viene utilizzato è la COPM, che consiste in una scala di valutazione che va a
definire la performance e, allo stesso tempo, quanto la persona è soddisfatta della performance
stessa.

Sei fasi del modello CMOP:


1. Stabilire la domanda e dare una scala di priorità nelle tre sfere (Canadian Occupational
Performance Measure, COPM 🡪 autovalutazione del livello di difficoltà, soddisfazione e
performance)
2. Selezionare gli approcci teorici
3. Identificare le component della performance occupazionale e le condizioni ambientali
4. Identificare le risorse
5. Decidere gli obiettivi e sviluppare un piano di azione
6. Valutare i risultati sulla performance occupazionale
Il terapista occupazionale viene descritto come un allenatore che guida il paziente nella
partecipazione alle occupazioni, con l’obiettivo di seguirlo da vicino per aiutarlo a migliorare la
propria performance. L’altro aspetto del suo intervento è di trovare dei modi per poter superare le
barriere ambientali.

Impairment – Menomazione
Nel contesto dell’esperienza della salute, una menomazione è qualsiasi mancanza o alterazione di
strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche

Disability – Disabilità
Nel contesto dell’esperienza della salute, una disabilità è qualsiasi limitazione o mancanza
(derivante da una menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nella misura
considerata normale per un essere umano.
Handicap – Svantaggio essenziale
Handicap = Disabilità + Barriere
Nel contesto dell’esperienza della salute, l’handicap è uno svantaggio per una data persona, il
quale risulti da una menomazione o da una disabilità e limiti o impedisca lo svolgimento di un
ruolo normale (in relazione a età, sesso e fattori sociali e culturali) per quella persona.

Autonomia – Che cos’è? → Capacità di eseguire una funzione o un’attività “da soli”
Indipendenza – Che cos’è? → Capacità del soggetto di compiere le ADL sfruttando le proprie
risorse residue e avvalendosi di ausili tecnici

Protesi: sostituiscono totalmente o parzialmente parti del corpo mancanti


Ortesi: aumento, migliorano, controllano o all’opposto limitano le parti del corpo presenti ma
compromesse
Ausili: migliorano lo svolgimento di un’attività

PDF 3: Protesi e Amputazioni

Le amputazioni maggiori
È un intervento eseguito solo col proposito di salvare la vita al paziente.
Eziologia: traumatismi, processi settici, vasculopatia, tumori.
Metodiche di amputazioni (definire un moncone che si adatti alla protesi): sufficiente braccio di
leva, inserzione dei muscoli motori, vascolarizzazione ottimale e sutura accurata in zone non
sottoposte a carico.
Protesi: sono dispositivi artificiali che sostituiscono totalmente o parzialmente una parte di corpo
mancante.
L’amputazione rappresenta un fallimento se viene eseguita solo col proposito di salvare la vita al
paziente. In urgenza, serve a salvare la vita e ad essere il più conservatrice possibile.
Quando l’amputazione è programmata deve essere ragionata bene per livello e tipo di moncone,
costruendolo in modo tale che si adatti alla protesi.
Importante avere un sufficiente braccio di leva. Attenzione all’inserzione dei muscoli motori, ad
una vascolarizzazione ottimale e ad una sutura accurata in zone non sottoposte a carico.

Eziologia (Italia)
- Prima causa: problematiche vascolari, 50% da diabete (ISS, 2011)
- Pazienti > 85 anni e comorbilità (arteriti e patologie cardiache)
- I pazienti affetti da diabete hanno una probabilità 20 volte maggiore, rispetto ai non
diabetici, di sviluppare gangrena
- Le amputazioni sono più frequenti fra gli uomini, con un tasso di circa due volte superiore a
quello delle donne e sono fortemente associate all’età, con valori prossimi allo zero prima
dei 40 anni e successivamente crescenti esponenzialmente con l’età
- Altre cause: infezioni, occlusioni arteriose, aneurismi e trombo-embolie, AIDS, malattie
autoimmuni, tumori e incidenti
- Malformazioni congenite: amelie quando c’è la mancanza totale dell’arto; focomelie
quando manca solo una parte dell’arto
Eziologia (Stati Uniti)
- CLTI (Chronic Limb Thretening Ischemia) ha un’incidenza dell’11% in pazienti affetti da PAD
(Perineal Artery Disease)
- La prevalenza della CLTI è dell’1,28% nella popolazione over 40
- All’interno della popolazione dei pazienti affetti da PAD con CLTI, la presenza del diabete
cade in range tra il 27-76%
- 100000 amputazioni maggiori vengono eseguite ogni anno in USA, di queste il 50% si può
attribuire al diabete e a PAD

CLTI: Ischemia cronica pericolosa per gli arti, è una forma più grave di PAD (Arteriopatia Periferica).
Il flusso sanguigno distale e la funzione della microcircolazione vengono gravemente
compromesse causando rest pain, ulcere ischemiche e cancrena.
La PAD è una condizione causata dall’ostruzione delle arterie periferiche, con conseguente
aumento del rischio di eventi cardiovascolari e morte prematura. Il classico sintomo della PAD è la
claudicazione intermittente o dolore alla deambulazione, ma è importante tener conto del fatto
che due terzi di tutti i pazienti è asintomatico.

Impatto psicologico: perdere una parte di sé comporta una modificazione dell’immagine di sé.
Perdita di funzione, cambiamento dello stile di vita, perdita del ruolo (implicazioni economiche e
sullo status socio-economico), perdita di indipendenza e controllo.
Il processo di recupero non è meramente funzionale ma è importante il ruolo educativo del
terapista. Il dolore:
- Del moncone (risposta infiammatoria che irrita le terminazioni nervose, in seguito
potranno formarsi neuromi) → arto declive, compressione elastica, esercizi per migliorare
RV, massaggio della cicatrice
- Dell’arto fantasma: sensazione a carico dell’arto mancante (PLS, Phantom Limb Sensation)
(70%) → TENS, massaggio, esercizio, compressione e agopuntura
- Dolore secondario: sovraccarico del sistema muscoloscheletrico residuo a livello del
moncone (ecchimosi, lesioni cutanee, follicolite) o delle articolazioni a monte

L’amputazione ha un impatto psicologico importante. Perché perdere una parte di sé, implica una
modificazione dell’immagine che si ha di se stessi, che in alcune persone, soprattutto agli inizi è
molto difficile da accettare, pensiamo ad una donna che ha fatto una mastectomia.
Con l’amputazione alcune funzioni vengono ovviamente perse, e quindi ci sarà un cambiamento
dello stile di vita del paziente, sia dal punto di vista funzionale che socio-economico.
L’altro problema è la gestione del dolore.
Il moncone è purtroppo frequentemente sede di manifestazioni dolorose che vanno da una
semplice sensazione di fastidio, a veri e propri tormenti che rendono difficoltoso o addirittura
impediscono l’utilizzo della protesi ed il corretto svolgimento del programma riabilitativo.
Sindrome dell’arto fantasma: il paziente percepisce sensazioni di tipo sensitivo-posizionale ed
anche motorie dell’arto che gli è stato amputato. Può diventare nel tempo estremamente
invalidante. Questa sindrome non si presenta mai nei bambini amputati prima dei 5 anni, questa
cosa è suggestiva del consolidamento a livello corticale dello schema corporeo.
Il dolore trova in genere attenuazione dall’utilizzo della protesi e dalla somministrazione di
correnti analgesiche (TENS), qualora queste non siano sufficienti sarà necessario ricorrere a
farmaci analgesici, psicotropi e antidepressivi.
Dolore secondario: dovuto a cause estrinseche come scarsa igiene o all’utilizzo di protesi non
idonee. Quindi si osservano disturbi cutanei quali piaghe, ulcere, fistole, da conflitto con
l’invasatura, dermatiti micotiche e follicoliti da inadeguata igiene locale, dermatosi allergiche.
Scoperta la causa è importante porre rimedi come modifiche dei punti di appoggio e di attrito
dell’invasatura e dei materiali che si utilizzano nella realizzazione di quest’ultimo. (es. silicone),
opportune norme igieniche da insegnare al paziente, tricotomia e utilizzo di speciali calze
antisudore.

Amputazione (arto inferiore)


Il livello più indicato per accogliere la protesi è il terzo medio della coscia, prossimalmente alla
coscia almeno 5 cm dal perineo, distalmente alla coscia, almeno 10 cm tra la sezione del femore
ed il ginocchio controlaterale. Scopi del trattamento fisioterapico:
- Cura di sé
- Deambulazione
- Riprendere le attività sociali
- Ottimizzare l’indipendenza
Approccio integrato secondo il modello bio-psico-sociale: fattori biologici, fattori psicologici e
fattori sociali

Valutazione funzionale
Fasi del trattamento fisioterapico *POSSIBILE DOMANDA ESAME*
Fase pre-protesica: quasi la metà delle persone che subisce un’amputazione non può essere
protesizzato a causa della presenza di comorbilità cardiache e/o respiratorie.
- Preparazione della PT: compressione e sagomatura del moncone
- Miglioramento della fitness cardiovascolare
- Core stability e rieducazione propriocettiva del tronco e delle articolazioni residue a monte
- Esercizi di stretching e rinforzo muscolare
- Controllo del dolore e sostegno psicologico
- Educazione del paziente e del care giver
- Riferimenti dei tecnici ortopedici per il confezionamento della protesi
Il periodo di tempo che intercorre tra l’intervento chirurgico e la fornitura della protesi è
normalmente di circa 40-60 giorni, ed è in questo lasso di tempo che deve svolgersi nella maniera
più esaustiva possibile il programma di rieducazione pre-protesica, il quale ha molteplici scopi:
- Ripristinare buone condizioni generali e locali del moncone;
- Prevenire contratture, retrazioni e rigidità;
- Fare apprendere e rendere istintivi all’amputato i movimenti isotonici e isometrici che
azioneranno la protesi;
- Rieducare all’autonomia e alla gestualità;

Il moncone
- Trattamento
- Prevalenza degli abduttori e flessori
- Atteggiamento in flessione
- Dolore
- Arto fantasma
- Neuroma doloroso
Il moncone dovrà essere oltre che ben cicatrizzato, trofico e privo di edemi → muscolarmente
equilibrato, funzionalmente bilanciato, ben “stoffato”, non dolente al contatto, lunghezza
ottimale.

Fasciature e bendaggio
- Proteggere ferite o lesioni cutanee
- Mantenere in sede i materiali di medicazione
- Assicurare l’asepsi
- Favorire la risoluzione dell'edema con la compressione
La fase del nursing del moncone comprende un adeguato bendaggio, una corretta postura e la
presa di coscienza del nuovo stato da parte del paziente.

Bendaggio
- Circolare: i giri di fascia sono orizzontali e sovrapposti l’uno all’altro
- Ricorrenti o cappellina: i giri di fascia sono verticali dall’avanti all’indietro e viceversa,
terminano alla stessa altezza dove vengono fissati da giri orizzontali circolare. Usati per
ricoprire la testa
Il bendaggio post-operatorio ha lo scopo di ridurre l’edema ed impedire le retrazioni e l’atrofia del
moncone; quindi:
1) Ridurre l’edema
2) Dare la giusta forma al moncone
3) Proteggere la cute
Il bendaggio va portato durante il giorno per essere rimosso durante l’esercizio terapeutico ed alla
sera quando il moncone deve essere sottoposto a detersione con sapone liquido per essere poi
immerso in acqua salata allo scopo di irrobustire la cute e di facilitarne la cicatrizzazione.
Sarebbe bene se queste pratiche igieniche venissero effettuate dal paziente stesso che ha così un
approccio col proprio moncone.
Fase post-protesica: importante la collaborazione con il tecnico ortopedico per eventuali
modifiche dell’invaso e della protesi.
- Esercizi di rinforzo, stretching, stabilità ed equilibrio
- Rieducazione allo schema del passo con e senza ausili per minimizzare i compensi,
incrementare la sicurezza e promuovere un’efficiente funzione energetica
- Prosecuzione delle cure per il controllo del dolore
- ADL e IADL
- Educazione alla gestione e cura del moncone e della protesi
Questa fase coincide con la consegna della protesi non ancora ultimata (in prova), il cui uso è
ancora sconosciuto al paziente. Questi dovrà prendere confidenza con il mezzo, dovrà essere in
grado di indossarla e di gestirla autonomamente. È una fase molto delicata soprattutto sul piano
psicologico: non è raro infatti assistere a crisi di rifiuto da parte del paziente ed il ruolo del
terapista è importantissimo nel determinare l’accettazione. Il paziente viene pertanto sottoposto
ad un training di adattamento che prevede esercizi eseguiti con protesi indossata. Hanno lo scopo
di migliorare l’efficacia del controllo muscolare, padronanza del movimento e soprattutto acquisire
la sensazione di una continuità sensitiva, anatomica e funzionale tra il moncone e la protesi.
Vengono effettuati esercizi di rinforzo, di stretching, di mobilità, di stabilità ed equilibrio in caso di
protesi di arto inferiore.
Poi si passa alla rieducazione del gesto, per attività di vita quotidiana e infine una volta ritenuto
concluso il trattamento riabilitativo, ci si dovrà preoccupare del reinserimento del paziente nella
vita di tutti i giorni.

Protesi esoscheletrica ed endoscheletrica


Componenti della protesi modulare endoscheletrica (ampia scelta di componenti in commercio)
- Invaso
- Attacchi
- Ginocchio
- Manicotto per collegamento al tubo
- Tubo (carbonio, alluminio, titanio, ecc.)
- Attacco piede/caviglia
- Piede protesico

Protesi di arto inferiore


Esoscheletrica (tradizionale): sono costruite prevalentemente in
legno e resina; sono protesi in cui le pareti esterne sono rigide, con
funzioni portanti che ne determinano la forma cosmetica esteriore.
Hanno quindi una funzione prettamente estetica, non funzionale.
Endoscheletrica (endoprotesi): sono invece dei sistemi impiantabili
in modo permanente all’interno della superficie corporea dove
andranno a svolgere il loro ruolo in diretto contatto con i tessuti
del soggetto. Sono chiamate anche protesi modulari perché sono
formate da singoli componenti chiamati moduli intercambiabili.
sviluppo di una grande varietà di moduli quali tubi, giunti,
articolazioni di ginocchio e caviglia utili a soddisfare le esigenze
funzionali del soggetto. Questo tipo di protesi permette l’intervento sui singoli componenti che la
formano, di modo che anche a protesi finita si possono effettuare registrazioni e correzioni
specifiche per il tipo di attività che l’utente andrà a svolgere.

Protesi per disarticolato


La protesi per la disarticolazione d’anca è identica a quella per l’emipelvectomia.
Attualmente è costruita (e prescrivibile) esclusivamente con sistema endoscheletrico.
Le sue parti costituenti sono: 1. Presa di bacino 2. Piede protesico 3. Struttura
scheletrica portante (con le articolazioni, anca e ginocchio) collega i punti 1 e 2
4. Cosmesi in gomma morbida che avvolge lo scheletro della protesi.
Livelli di amputazione arto inferiore

Protesi per disarticolato

L’interrelazione tra l’invaso, l’articolazione dell’anca, il ginocchio ed


il piede, e cioè il buon allineamento su ciascun piano, fornirà
stabilità alla protesi ed aiuterà alla deambulazione l’amputato.

Protesi completa

Protesi trans-femorale completa con ginocchio a singolo asse, il movimento


relativo tra coscia e tibia avviene attorno ad un unico asse di rotazione.
Pro: 1. Economico 2. Semplice da progettare 3. Durevole e agevole
Contro: 1. Oscillamento libero, quindi è necessario un controllo muscolare in
posizione eretta da parte del paziente 2. Controllo a frizione e blocco manuale
per limitare l’oscillamento e l’equilibrio.
Il ginocchio permette movimenti tra coscia e gamba di:
• Flessione di 140°
• Estensione di 10°
• Extrarotazione di 45° (solo a ginocchio flesso)
• Intrarotazione di 30° (solo a ginocchio flesso)

Protesi trans-femorale completa con asse multiplo (multiassiale) (protesi completa).


Pro: 1. Versatilità, flessibilità e stabilità 2. Riduzione della lunghezza della gamba quando si inizia
un passo (minor rischio di inciampo) 3. Adeguato per un vasto range di amputati, sia per chi ha arti
troppo lunghi o per amputazione bilaterale.
Contro: 1. Complessità nella realizzazione 2. Restrizione dell’intervallo di movimento del ginocchio
di qualche grado 3. Peso elevato, necessità di revisione e/o sostituzione periodica

Il ginocchio protesico
Il ginocchio è probabilmente il componente protesico più complesso (e non a caso il più costoso)
tra tutti quelli presenti sul mercato.
Ci sono diverse tipologie di ginocchia sul mercato e pur assolvendo compiti simili, lo fanno in
maniera molto diversa. La scelta di un ginocchio per un amputato transfemorale è una decisione
importante in quanto influenza, molto più di altri componenti, tutti i suoi movimenti e determina
la sicurezza nell’uso della protesi.
È importante tener presente che non c’è un ginocchio che va bene per tutti, ma ognuno deve
valutare la scelta in base al proprio stile di vita, all’età, al peso, a quanto è importante la sicurezza
in rapporto alla dinamicità e ovviamente al prezzo.
Le protesi di ginocchio, così come quelle di piedi protesici, dipendono da parametri come l’età, il
livello di attività e le specifiche richieste del paziente, poiché non è detto che il ginocchio più
avanzato rispecchi le esigenze del soggetto amputato: infatti, fattori come stabilità e sicurezza a
volte sono più ricercati rispetto ad una maggior performance sportiva. Esistono in commercio oltre
cento meccanismi che simulano l’articolazione del ginocchio, e si possono classificare in due
categorie: quelli meccanici e quelli computerizzati.
Quelli meccanici si dividono in monoassiali e multiassiali.
Il ginocchio elettronico è caratterizzato da un’interazione molto specifica tra componenti sensoriali
come accelerometri e celle di carico, il cui compito è quello di rilevare la posizione e il movimento
del dispositivo nello spazio, ed un’intelligenza artificiale che elabora i segnali provenienti dai
sensori facendo produrre una risposta in retroazione degli attuatori meccanici che permettono la
locomozione.
I sensori monitorano movimento e tempistiche e regolano un cilindro di controllo liquido o ad aria;
questi giunti, controllati da un microprocessore, diminuiscono lo sforzo che gli amputati devono
compiere durante il movimento
Mono assiale o monocentrico: spesso più economico ma meno performante di altri, non a caso è il
modello inserito nel nomenclatore ASL. Una delle difficoltà classiche è quella di non avere
regolazioni per l’oscillazione con conseguente passo poco naturale. È l'utente che spinge in
maniera meccanica il ginocchio che ruotando sul suo unico asse determina il movimento.
Più economici, ma meno performanti. Passo poco naturale, è il paziente che spinge in maniera
meccanica il ginocchio. Pertanto c’è un maggior rischio di caduta.
Ginocchia policentrici: hanno un controllo pneumatico o idraulico che permette di regolare lo
swing del passo rendendolo più naturale oltre che più sicuro.
Questo genere di ginocchio risulta più sicuro sia in fase di sblocco (quando si lancia il passo) che in
fase statica (quando si sta fermi).
Nei policentrici iniziamo a valutare anche il peso rispetto ad un ginocchio monocentrico
estremamente leggero. Non siamo ancora ai livelli delle ginocchia elettroniche, ma è un aspetto da
non sottovalutare, soprattutto se non si hanno buoni sistemi di tenuta per l’invaso o monconi non
troppo lunghi.
Altro piccolo vantaggio dei policentrici, dovuto alla loro struttura di rotazione è quella di
accorciarsi quando si effettua il passo, riducendo il rischio di inciampare.
In entrambe le tipologie di ginocchio, ci possono essere sistemi di bloccaggio e sicurezza manuali o
tramite spostamento del peso, che possono risultare utili all’inizio o in alcune situazioni particolari,
è comunque importante valutarlo in fase di acquisto per determinare cosa risponde meglio alle
nostre esigenze. I costi vanno dai 1000 ai 6000 euro.
Le ginocchia policentriche sono più complesse ed hanno un asse multiplo di rotazione. La loro
versatilità è la prima ragione della loro popolarità. Esse possono essere impostate in modo da
risultare molto stabili nella prima fase di stance, ma ancora facilmente flessibili per iniziare la fase
di swing o per sedersi. Le ginocchia policentriche sono adatte ad un ampio range di amputati.
Alcune versioni sono ideali per quegli amputati che non possono camminare con sicurezza con altri
dispositivi, hanno un’amputazione bilaterale o arti residui lunghi. Un ginocchio policentrico
standard ha un semplice controllo di swing meccanico che permette un’unica, ottimale, velocità di
locomozione; d’altra parte, molte ginocchia policentriche incorporano un controllo di swing fluido
(pneumatico od idraulico) che permette di variare la velocità di avanzamento.
La più comune limitazione del design policentrico risiede nel dover restringere l’intervallo di
movimento del ginocchio di qualche grado, di solito non una quantità tale da porre significativi
problemi. Le ginocchia policentriche sono anche più pesanti e contengono parti che devono essere
revisionate o sostituite più spesso di quelle di altri tipi di ginocchio.

Il ginocchio protesico
IDRAULICO PNEUMATICO

Più veloce nella deambulazione Armonioso nel movimento (l’aria è


comprimibile)

A parità di prestazioni, il pistone è molto più Fine corsa dolce


piccolo

Risposta immediata dell’olio, il movimento è Manutenzione semplice ed economica


scattante e veloce

Senza manutenzione fino alla rottura Volume del pistone importante

Un sistema idraulico controllato da microchip


lo troviamo anche nel ginocchio elettronico

Pneumatico: indicato per pazienti con velocità del passo lenta o moderata.
Idraulico: consente qualsiasi velocità di cammino.
Un software intelligente all’interno di un microprocessore, controlla completamente ed
automaticamente sia il movimento di flessione che quello di estensione in tutte le sue possibili
condizioni di impiego. Ogni ginocchio è personalizzato in base a parametri individuali impostati nel
software. L’amputato può scendere le scale alternando indifferentemente piede destro e sinistro,
camminare su rampe scoscese e terreni sconnessi. Il passo si avvicina di più a quello fisiologico.
Velocità: il sistema elettronico dà gradualità al movimento consentendo di ottenere una rapida e
continua variazione della frequenza del passo. Quindi è possibile camminare lentamente o
rapidamente con estrema facilità e sicurezza.
Sicurezza: in tutte le fasi della deambulazione, che è la caratteristica del ginocchio elettronico. È
quindi impossibile cadere.

Alterazioni del cammino nelle amputazioni transfemorali


- Protesi addotta durante tutta la fase di stance, a causa di contratture a livello degli
abduttori, debolezza degli stabilizzatori d’anca, fastidio della tasca, eccessiva lunghezza
della protesi, insufficiente supporto laterale a livello della tasca protesica o scarso controllo
del ginocchio protesico.
- Flessione laterale del tronco sul lato protesizzato durante la fase di appoggio a causa di
contratture degli abduttori, moncone residuale troppo corto, scarsa stabilità dell’anca,
insufficiente supporto laterale della tasca protesica o protesi troppo corta.
- Circonduzione e abduzione dell’arto durante l’oscillazione protesica a causa di debolezza
degli adduttori, protesi troppo lunga, inadeguata sospensione, ginocchio protesico
instabile.
- Scarsa estensione dell’anca, sollevamento in flessione plantare durante la fase di appoggio
sul lato sano a causa di un moncone troppo corto, scarso controllo dell’oscillazione
protesica, protesi troppo lunga, inadeguata sospensione o andatura troppo lenta.
- Iperlordosi durante la fase di appoggio protesico a causa di contrattura dei flessori d’anca,
indebolimento dei muscoli addominali e degli estensori dell’anca, ginocchio protesico
instabile e insufficiente flessione della tasca.
- Asimmetria del passo: la lunghezza totale della falcata presa con ciascun piede sarà la
stessa ("falcata" indica la distanza tra le posizioni successive dello stesso piede.) Presa con
la protesi differisce dalla lunghezza del passo compiuto con l’arto sano.
Come osservare: dal lato.
Cause: dolore o insicurezza che fanno sì che l'amputato trasferisca rapidamente il suo peso
dalla protesi alla gamba sana. Per fare ciò, fa un passo breve e rapido con il piede sano.
Contrattura della flessione dell'anca o insufficiente flessione dell'incavo. Qualsiasi
limitazione dell’estensione dell'anca si riflette in un ciclo del passo asimmetrico. Attrito
insufficiente al ginocchio protesico o aiuto di estensione troppo lento. L'oscillazione
pendolare del gambo produce una lunghezza del passo protesica più lunga della lunghezza
del passo dal lato sano.

Invaso
L'invasatura è il componente in cui è contenuto il moncone ed è la parte più delicata della protesi,
pertanto la sua progettazione e realizzazione richiede grande attenzione da parte del tecnico
ortopedico.
I compiti principali dell'invasatura sono:
- Trasferire i carichi tra struttura portante della protesi e moncone
- Ottimizzare la distribuzione di pressione sulla superficie dell’arto residuo
È importante che l'invasatura aderisca il più possibile al moncone del paziente. Questo permette di
ottenere un miglior controllo della protesi ed evitare lo sfilamento della stessa durante la fase di
volo del cammino, a causa della gravità e delle forze d'inerzia. Inoltre, la presenza di gioco tra
invaso e tessuti molli a lungo andare può provocare infiammazioni, abrasioni, vesciche sulla pelle,
con conseguente abbandono della protesi da parte del paziente.
L'invasatura può essere rigida o flessibile. Fino agli anni '80 venivano usati per le invasature rigide
materiali come resine di laminazione, polipropilene o legno. La struttura dell'invasatura flessibile è
composta da un telaio rigido realizzato con fibre di carbonio che funge da struttura portante, e da
un'invasatura in polietilene a pareti flessibili che viene inserita nel telaio e serve per contenere il
moncone e aumentare il comfort per il paziente.
I vantaggi degli invasi flessibili sono il peso ridotto e l’adattabilità delle pareti flessibili alle
variazioni di volume del moncone, dovute, ad esempio, alle contrazioni muscolari. Il principale
svantaggio è il costo.

Piede → può essere statico, non articolato ma ammortizzato, oppure dinamico, solitamente
realizzato in carbonio. Possono poi essere divisi in monoassiale, con movimento di sola flesso-
estensione della caviglia, o multiassiale, con anche movimenti di prono-supinazione.
La parte inferiore della protesi è costituita dal piede protesico che è il medesimo per entrambi i
soggetti transtibiali e transfemorali.
Il ruolo che il piede protesico svolge all’interno della protesi è di rilevante importanza in quanto
rappresenta il mezzo con il quale l’amputato si interfaccia con il terreno e deve quindi garantire
affidabilità, stabilità, durabilità ed una buona funzionalità.
Si possono distinguere le seguenti categorie di piedi protesici:
- Piedi rigidi (SACH dinamici) o flessibili: costituiti da una carena rigida centrale in legno
rivestita da materiale elastico che ha il compito di replicare le caratteristiche
dell’articolazione della caviglia che non viene incorporata nel modello limitando
notevolmente la possibilità di flessione plantare e dorsale. Il suo fissaggio al pilone della
protesi si realizza mediante una vite la cui punta si avvita in un anello situato all’interno
dell’elemento protesico della caviglia e la cui testa alloggia nella zona inferiore del tallone
- Piedi dinamici: presenta una migliore ammortizzazione nella fase di contatto del tallone
con il terreno, grazie alla presenza di segmenti elastici che garantiscono una migliore
flessibilità. Durante la fase di doppio appoggio il piede conserva l’energia assorbita
attraverso una molla di plastica che la rilascerà nella fase di spinta andando a migliorare
l’assetto dinamico del cammino.
- Piedi monoassiali o pluriassiali: il piede protesico monoassiale permette il movimento
solamente sul piano sagittale. Il meccanismo al suo interno consente una flessione plantare
di circa 15° ed una flessione dorsale di solo 5°. Il piede protesico pluriassiale permette
invece il movimento in qualsiasi direzione. Presenta infatti un meccanismo che permette la
rotazione sull’asse trasversale dell’articolazione della caviglia per i movimenti di flesso-
estensione, procurando inoltre un leggero movimento medio-laterale e di leggera
rotazione.
- Piedi a restituzione di energia: i piedi a restituzione di energia sono progettati per
immagazzinare e rilasciare energia durante il ciclo del passo in modo da facilitare
l’avanzamento dell’arto protesico. Questa categoria di piedi protesici è infatti in grado di
subire una deformazione elastica durante il contatto della protesi con il terreno, quando
tutto il peso corporeo agisce sull’arto protesico, e di recuperarla una volta iniziata la fase di
scarico, in modo da rilasciare tutta l’energia immagazzinata e permettere l’avanzamento
della protesi. Quelle in carbonio non sono protesi pensate principalmente per camminare
ma per praticare i più disparati tipi di sport (dagli sport acquatici, agli sport alpini). Hanno
delle componenti particolari, il piede a restituzione di energia, sono delle strutture
elastiche, come delle molle in fibra di carbonio che consentono di accumulare gran parte
dell’energia dovuta al carico e di restituirla poi nelle fasi successive del passo. Quelle in
carbonio non sono protesi pensate principalmente per camminare ma per praticare i più
disparati tipi di sport (dagli sport acquatici, agli sport alpini). Hanno delle componenti
particolari, il piede a restituzione di energia, sono delle strutture elastiche, come delle
molle in fibra di carbonio che consentono di accumulare gran parte dell’energia dovuta al
carico e di restituirla poi nelle fasi successive del passo.

Il ginocchio elettronico C-Leg


È il primo ginocchio a comando elettronico con regolazione idraulica sia in fase statica che
dinamica.
Durante un ciclo completo di deambulazione (c.a. 1 sec.), il ginocchio esegue 50 misurazioni ed
elabora queste informazioni sullo stato di deambulazione attuale.
Il C-Leg, quindi, si può adottare ad ogni fase del cammino, consentendo ai pazienti di camminare
con la massima sicurezza su terreni irregolari, di percorrere salite, discese e scale. Sia per
passeggiare che per camminare con velocità.
Il C-Leg si adatta al passo in tempo reale.
Caratteristiche:
- Grazie all’ammortizzazione della fase statica il paziente avverte sempre la massima
sicurezza
- Sono possibili registrazioni individuali a seconda delle esigenze del paziente (es. per
scendere le scale, per percorrere terreni irregolari)
- Il ginocchio si adatta automaticamente ed in tempo reale alle variazioni di velocità del
passo
- 50 volte al secondo, vengono eseguite misurazioni dei momenti malleolari e dell’angolo del
ginocchio.
- Adattabilità alle esigenze individuali dei pazienti in base al grado di attività e dinamismo

Vantaggi:
- Elevata sicurezza e basso rischio di caduta
- Mobilità dinamica in tutte le direzioni, passo fisiologico e molto simile a quello naturale
- Basso dispendio di energia
- Distribuzione del carico uniforme su entrambi gli arti (non viene sovraccaricato l’arto
controlaterale)
- Il paziente è in grado di camminare con libertà senza doversi concentrare sulla protesi
- Durante il periodo di garanzia il tagliando annuale è gratuito
- Disponibile un C-Leg in sostituzione durante il periodo di disservizio
- Garanzia di mobilità in tutto il mondo

Protesi di gamba

Le disarticolazioni di ginocchio rispetto alle amputazioni transfemorali, offrono


maggiori vantaggi funzionali dal momento che lasciano
integro il femore.

Alterazioni del cammino nelle amputazioni transtibiali:


- Eccessiva flessione del ginocchio durante il carico monopodalico in fase di appoggio a causa
di indebolimento del muscolo quadricipite e dei muscoli glutei, rigidità in flessione a livello
di anca o ginocchio, eccessiva dorsiflessione a carico della caviglia protesizzata e
accorciamento della leva sul piede protesizzato.
- Insufficiente flessione del ginocchio durante il terminal stance a causa di uno scarso
controllo di anca e ginocchio, fastidio a livello della tasca protesica ed eccessiva flessione
plantare sulla caviglia protesizzata.
- Flessione laterale del tronco sul lato protesizzato durante la fase di appoggio a causa di
fastidio a livello della tasca protesica, mancanza di stabilità dell’anca o protesi troppo
corta.
- Asimmetria del passo: la lunghezza del passo con la protesi, nell’amputato trans-tibiale è
notevolmente più lungo di quello controlaterale, ciò è una diretta conseguenza del
prolungato appoggio sul piede sano. L’amputato rimane un tempo più lungo sull’arto sano
perché si sente più sicuro, ed effettua tutte le correzioni d’equilibrio che non gli sarebbero
possibili o quantomeno risulterebbero più difficoltose con l’arto artificiale
- Larghezza del passo: l’amputato allarga la sua base d’appoggio per migliorare l’equilibrio.

Protesi arto superiore


La mano ha una certa importanza psicosociale. L’amputazione può influire sull’autopercezione e/o
sull’identità di una persona, con ripercussioni a livello di rapporti interpersonali e lavorativi. La
consulenza psicologica può aiutare una persona a farvi fronte.
La mano umana è complessa. Spesso sono necessarie due diverse protesi per ottenere una
funzionalità ottimale per le attività quotidiane generali e per attività specifiche.
Tipi generali di protesi d’arto superiore - Esistono cinque tipi generali di protesi d’arto superiore:
- Protesi passiva
- Protesi ad energia corporea
- Protesi mioelettriche con alimentazione esterna
- Protesi ibride
- Protesi per attività specifiche
In base al livello di amputazione possiamo avere:
- Protesi per amputazione parziale/totale di dita
- Protesi per amputazione di mano/disarticolazione di polso
- Protesi per amputazione transradiale
- Protesi per amputazione transomerale/disarticolazione di gomito
- Protesi per amputazione/disarticolazione di spalla
È possibile suddividere le protesi in base alla funzionalità, alle caratteristiche costruttive e alla
destinazione d’uso:
- Protesi passive estetiche tradizionali/modulari
- Protesi cinematiche (ad energia corporea)
- Protesi mioelettriche
- Protesi ibride
- Protesi personalizzate «task oriented» (programmabili) per attività specifiche
- Protesi bioniche ad innervazione diretta (tecnologia ancora acerba, in via di sviluppo)
- Protesi pediatriche

Classificazione funzionale

Le protesi passive assistono all’equilibrio, nella stabilizzazione di oggetti (come tenere un foglio di
carta quando si scrive) e nelle attività ricreative/professionali. Hanno l’aspetto di un arto naturale
e sono quelle più leggere e meno costose, ma non consentono movimenti attivi della mano e delle
articolazioni.
Le protesi estetiche tradizionali sono protesi passive, dispositivi concepiti per ripristinare
l’immagine e l’integrità corporea. Esse sono costituite, oltre che dall’invasatura, da un’anima in
schiuma rigida e leggera e da un guanto estetico di rivestimento. Il guanto di rivestimento
riproduce la morfologia anatomica, prevede fino a 18 colorazioni, è resistente all’abrasione (PVC)
ed è impermeabile.
Quando si arriva a questa soluzione, il look naturale ha la priorità. Gli utenti non pongono tanto
valore alla funzione della loro protesi e preferiscono nascondere la loro amputazione il più
possibile. Questo sistema dà loro fiducia – specialmente in certe situazioni, durante lo shopping e
a teatro. Il peso leggero della protesi è un’altra caratteristica che evidenzia questo tipo di protesi.
Tuttavia, è indicata solo per un utilizzo funzionale ridotto al solo supporto passivo, per tenere in
mano gli oggetti.
Ci sono poi quelle di tipo modulare, costituite dai diversi moduli.

Le protesi ad energia corporea sono le più comuni perché tendono a essere meno costose, più
durevoli e a richiedere meno manutenzione. Un sistema bretella staccabile mantiene la protesi
attaccata e utilizza il movimento della scapola e del braccio del soggetto per manovrare l’uncino, la
mano e/o l’articolazione del gomito. Alcuni sistemi si servono del braccio opposto per avviare una
particolare funzione; l’estremità di una cinghia circonda il braccio opposto a livello del cavo
ascellare, mentre l’altra estremità è connessa a un cavo che controlla il dispositivo terminale
(uncino, mano o dispositivo specializzato per una funzione particolare).
I soggetti che svolgono un lavoro fisico generalmente prediligono questo tipo di protesi.
La protesi cinematica controllata da un cavo viene controllata con l’aiuto dell’articolazione della
spalla e del tronco. E’ una protesi affidabile e robusta in grado di resistere alle influenze ambientali
come sporco, polvere, acqua e temperature estreme. E’ indipendente da fonti di alimentazione
come le batterie ed è facile da controllare. L’utente ha un feedback immediato e sensoriale che
può essere di aiuto in compiti manuali che richiedono sensibilità.
La protesi cinematica è una protesi robusta, facile da utilizzare ed affidabile con peso ridotto e che
richiede una ridotta manutenzione.
L’utente può focalizzarsi sull’attività senza limiti delle batterie, dell’acqua, dello sporco e del
calore, le forze applicate sul bretellaggio aprono e chiudono la mano in modo indipendente o
bloccano il gomito. Utilizzo e manutenzione della protesi facile e semplice. La presa è più precisa
grazie al feedback sensoriale sull’oggetto afferrato e al posizionamento della protesi.
Ideale per utenti che lavorano in produzione in serie ma risulta anche molto utile per lavori
domestici o persone che lavorano in agricoltura ed anche per attività del tempo libero, in ambienti
umidi.

Le protesi mioelettriche con alimentazione esterna con alimentazione esterna consentono


movimenti attivi della mano e dell’articolazione senza bisogno del movimento della spalla o del
corpo. I sensori e altri input usano il movimento muscolare del moncone o della parte superiore
del corpo per controllare degli attuatori alimentati elettricamente che forniscono maggiore forza
per afferrare rispetto alle protesi ad energia corporea.
Il prefisso “mio” deriva dal termine greco “mys” (=muscolo). Le protesi a comando mioelettrico,
utilizzano come sensori degli elettrodi superficiali posti all’interno dell’invasatura a contatto con la
cute del moncone. Per attuare un movimento, ad esempio l’apertura della mano, il paziente
contrae la fascia muscolare sulla quale è posto un elettrodo, il quale rileva un segnale e lo
trasferisce al microprocessore che lo traduce ad uno specifico cinematismo protesico.
Le protesi a controllo mioelettrico possono essere realizzate sia per patologie a carico
dell’avambraccio che a livello transomerale.

Le protesi ibride sono solitamente utilizzate per amputazioni più alte degli arti superiori. Esse
possono combinare caratteristiche specifiche delle protesi a energia corporea e delle protesi
alimentate mioelettricamente. Ad esempio, un gomito ad energia corporea potrebbe essere
combinato con una mano o un dispositivo terminale alimentati esternamente.

Le protesi per attività specifiche sono per i soggetti che praticano attività che potrebbero
danneggiare il moncone o le protesi quotidiane, o per i casi in cui la protesi quotidiana non
funzionerebbe in modo efficace. Queste protesi spesso comprendono un’interfaccia,
un’invasatura, un sistema di sospensione e un dispositivo terminale appositamente progettato. I
dispositivi terminali per attività specifiche possono consentire al soggetto di afferrare un martello
e altri strumenti, quali ad esempio una mazza da golf, una mazza da baseball o un guanto da
baseball. Altri supportano varie attività specifiche (ad esempio, il nuoto o la pesca). Queste protesi
possono essere passive o controllate dal soggetto amputato.

Protesi bioniche: La mano protesica “Bebionic Hand” (produttore: “Ottobock”)


È concepita per eseguire tutte le attività della vita quotidiana: mangiare, trasportare borse, aprire
porte, accendere le luci e scrivere al computer. Motori individuali in ogni dito consentono di
controllare in modo preciso la mano e afferrare oggetti in modo naturale e coordinato. Il controllo
della velocità proporzionale permette un controllo preciso anche dei movimenti più delicati.
La mano protesica “Michelangelo” (produttore:”Ottobock”)
Una protesi con la mano Michelangelo ed il sistema Axon-Bus è la soluzione tecnica più avanzata a
livello funzionale. Nessun’altra mano mioelettrica si avvicina alla mano umana come la
Michelangelo. E’ possibile flettere ed estendere il polso e ruotarlo passivamente sia verso l’interno
che l’esterno. La caratteristica di flessibilità del polso è unica nel suo genere. L’azionamento del
pollice separato ne consente il posizionamento indipendente, permettendo maggiori possibilità di
presa date dall’ampia superficie di apertura della mano, quando il pollice si muove verso l’esterno.

PDF 4 - Ortesi: Arto Superiore, Arto Inferiore e Spinali

Protesi: sostituiscono totalmente o parzialmente parti del corpo mancanti, recuperando la


struttura e la funzione persa dal pz amputato
Ausili: qualsiasi strumento, prodotto, attrezzatura o sistema tecnologico per migliorare lo
svolgimento di un’attività, una comunicazione aumentativa
Ortesi: aumentano, migliorano, controllano la funzionalità di parti del corpo presenti ma
compromesse, deficit funzionali.
«ORTESI» = dal greco orthos + thesis che significa “corretto” + “posizione”
Dispositivo esoscheletrico applicato esternamente a segmenti del corpo con la funzione di limitare
o assistere il movimento. Supporto che possiede proprietà meccaniche di elasticità o rigidità,
capace di esercitare un’azione sulle strutture anatomiche sulle quali è applicato.
Abbiamo due indicazioni e quindi possiamo usare l’ortesi in due casi: o dove abbiamo necessità di
avere un blocco e un immobilizzazione o dove abbiamo necessità di correggere o vicariare un
movimento che potrebbe non esistere più.
L’obiettivo è sempre quello del recupero funzionale.

Criteri di Classificazione
In base ai distretti articolari interessati:
● ortesi per arto superiore
● ortesi per arto inferiore
● ortesi per il rachide

In base alle caratteristiche strutturali e allo scopo:


● ortesi statiche o di contenzione: rigide non prevedono movimento
● ortesi funzionali o terapeutiche: possono essere sia statiche: correzione progressiva dei
gradi; che dinamiche: possibilità di movimento
● ortesi dinamiche: prevedono la possibilità di movimento

In base alla temporalità di applicazione:


● ortesi temporanee
● ortesi definitive

Funzioni

- Immobilizzazione/sostegno/stabilizzazione (riduzione gradi di libertà): o blocco di un


segmento (nel caso di una frattura, non dobbiamo muovere l’arto e quindi anche il gesso
rientra nelle ortesi)
- Prevenzione/correzione di deformità con una trazione: l ’utilizzo degli splint, delle ortesi
statiche nella prevenzione degli esiti cicatriziali in quelle che sono le cicatrici da ustioni,
oppure potremmo correggere le deformità mediante una trazione sempre con utilizzo di
ortesi per andare a rendere più elastica una cicatrice
- Facilitare una funzione: si può pensare ad una problematica di ipotonia, se vogliamo dare
al pz una mobilizzazione 24 h con un movimento di contrasto applichiamo un’ortesi
dinamica che andrà a facilitare o andrà contro resistenza per dare più tono.
- Vicariare una funzione motoria assente: chi per strappamento o altri motivi, ha perso la
funzione del nervo radiale, deve avere la possibilità di fare quelle azioni che prevedono una
flessione del polso, per cui andiamo a prescrivere un’ortesi o uno splint che possa fare il
movimento al posto del pz
- Controllo direzionale del movimento: Una lesione nervosa periferica mi porta ad avere una
deviazione e posizioneremo in maniera graduale l’arto nella posizione corretta.
- Ridurre il dolore in zone esposte a sovraccarico/maggior sollecitazione

Ortesi per l’Arto Superiore

- confezionata su misura con materiale termoplastico di diverse caratteristiche in relazione


alle esigenze
- preconfezionate fisse o adattabili al paziente
ancora…

- statiche: non hanno parti in movimento, provvedono a dare supporto e immobilizzazione,


esercitano una stabilizzazione del distretto
- dinamiche: hanno parti in movimento, hanno una base statica e mezzi di trazione,
esercitano una forza dinamica su un’articolazione, un movimento
- complesse: combinano più azioni contemporaneamente o successivamente e spesso su
segmenti differenti

Ortesi Statiche

- Provvedono a dare supporto e immobilizzazione, consolidazione, protezione, riposo,


correzione statica, localizzazione.
- Limitazione dell’ampiezza articolare, stabilizzazione, protezione, localizzazione.
- Non ha parti in movimento
- Esercita una forza statica sull’articolazione

Ne esistono di diversi tipi in base alla funzione che devono ricoprire:


● RIPOSO: antalgica, prevenzione deformità e retrazioni, scarico di un’articolazione. il pz non
può muovere il segmento quindi diminuzione dell’infiammazione e del dolore, prevenzione
movimenti indesiderati
● CONSOLIDAZIONE: lesioni ossee, articolari, legamentose, muscolo-tendinee.
● CORREZIONE STATICA: mettono in tensione tendini, legamenti, articolazioni per
guadagnare ampiezza articolare dopo una seduta di trattamento
● LOCALIZZAZIONE: blocca un’articolazione per portare lo sforzo su un’altra
● PROTEZIONE: dopo un intervento per evitare la messa in tensione di strutture nervose,
legamentose e muscolo-tendinee per proteggere un focolaio di frattura instabile.

Confezionamento - Requisiti per un’ortesi corretta:

- Rispettare il quadro anatomico


- Rispettare gli assi articolari
- Evitare pressione, frizione soprattutto sulle salienze ossee
- Permettere il completo movimento alle articolazioni non compromesse
- Essere accettata dal pz

Materiali:
Esistono ortesi costruite in materiale termoplastico, in titanio, in alluminio; ma la cosa più semplice
è la stecca di Zimmer, un’ortesi modellabile costituita da una stecca di alluminio imbottita con della
spugna utilizzata tantissimo in traumatologia.
Ovviamente ci sono vantaggi e svantaggi nei diversi materiali.
Materiale morbido
- Facilità di vestizione dell’ortesi
- Maggiore tollerabilità
- Scarsa capacità di contenimento, trazione, spinta che può dare un materiale rigido, quindi
scarsa correzione delle deformità.

Materiale rigido
- Migliore capacità di contenimento e di correzione
- Minore tollerabilità
- Maggiore possibilità di arrossamento

La lastra di materiale termoplastico si modella in relazione alle esigenze. L’ortesi deve essere
fissata con bende o velcro. Particolare attenzione, nella fase di progettazione e costruzione, alle
pieghe e alle prominenze ossee per le possibili lesioni da decubito.
In relazione alle varie caratteristiche del materiale, lo splint si può stirare e deformare in base alle
esigenze.

Splint di posizionamento funzionale


In caso di presenza di ipertono, paralisi, alterazioni posturali è necessario supportare il polso e le
dita.

Splint/Serial casting polso e dita post tossina botulinica


Mantiene l’arco palmare e la posizione del pollice. Il tampone
metacarpale ed i lacci mantengono in posizione il polso e le dita.
Controllo della spasticità.

Splint per il gomito


Mantiene il gomito nella posizione desiderata,
potrebbe essere utile per esempio dopo un gesso.
Splint per il polso
Mantiene il polso nella
posizione desiderata
lasciando libertà di
movimento alle dita.

Splint dorsale per il polso


Mantiene la possibilità di afferenze della parte volare;
immobilizza o sostiene il polso lasciando libere le dita
(traumi del polso o paralisi del n. radiale).
Lascia libera la parte volare del polso, lasciando libere le
dita.

Splin palmare per il


polso
Garantisce il massimo
supporto al polso con
controllo della deviazione
ulnare e radiale
(riduzione dolore nel
tunnel carpale, base per
tutori dinamici).

Ortesi di polso tubulare modellabile

Splint per il pollice

Immobilizza l’articolazione trapezio-


metacarpale e l’articolazione
metacarpo-falangea lasciando libertà
di presa. Indicato per rizoartrosi, m.di
De Quervain (infiammazione che
colpisce la guaina che riveste i due
tendini collegati al movimento del
pollice. Il sintomo principale è un dolore al polso e pollice, aggravato
dalla flesso-estensione del primo dito), tenosinoviti.
Buona immobilizzazione della TMC e MCF con maggior libertà di polso

Buona limitazione della TMC con maggior libertà delle dita

Splint per dita

Ortesi (splint) per l’arto superiore - dinamiche

L’ortesi dinamica:
- Ha parti in movimento
- Ha una base statica e mezzi di trazione
- Esercita una forza dinamica su un’articolazione, un movimento.

Esercitano una tensione in una direzione di movimento, consentendo il movimento attivo nella
direzione opposta.

➔ correzione dinamica: applicazione di una forza permanente e


progressiva
➔ assistenza o sostituzione: trazioni elastiche sostituiscono i muscoli
agonisti, consentendo agli antagonisti di svolgere le loro funzioni.
➔ limitazione articolare: localizzazione, limitano un’articolazione per
restituire motricità ad una o più articolazioni vicine

Splint per artrite


● Protegge e sostiene le articolazioni
● Consente di compiere movimenti funzionali
● Controlla la deviazione ulnare

Splint per artrite con correzione di polso


Sorregge e protegge il polso con contemporanea trazione
dinamica radiale per allineare le dita.
Splint per rigidità in flessione delle dita
Posizione mantenuta e variata progressivamente dalla vite che regola la pressione sulla IFP.

Splint regolabile per estensione IFP


Fornisce una forza costante per correggere la flessione delle
dita. La vite ne regola la progressiva estensione.

Splint dinamico per l’estensione IFP


Facile e comodo da indossare, grazie all’elastico fornisce una
forza continua e graduale che contrasta la rigidità in flessione.

Con una parte fissa a livello palmare, l’estensione è data dalla


tensione della fascia progressivamente regolata.

Splint dinamico per la flessione IFP


Grazie all’elastico fornisce una forza continua e graduale che
contrasta la rigidità in estensione.

Splint dinamico per l’estensione delle dita


Polso tenuto in posizione desiderata, attraverso degli elastici si
ottiene l’estensione delle dita e contemporaneamente si può effettuare un rinforzo della flessione.

Splint dinamico per la flessione MCF


Contrasta e migliora le rigidità in estensione.
Ortesi (splint) per l’arto superiore complesse

Splint dinamico complesso: estensione delle MCF e IF

Combinano più azioni simultaneamente o


successivamente e spesso su segmenti articolari
differenti.

Controllo del polso, MCF e IF

Splint dinamico complesso per la flessione MCF

Polso immobilizzato in estensione, ancoraggio alle MCF, elastici palmari.

Splint dinamico per l’estensione IFP

Splint dinamico per l’estensione di polso

Valva dorsale in ancoraggio, duplice resistenza agli elastici.


Splint dinamico complesso
Contrasta e migliora le rigidità in estensione di polso e flessione delle dita.

Supporto per AS e Avambraccio


«Cuscino» che permette di mantenere l’abduzione di spalla; utile nelle lussazioni e nei post
interventi.

Tutore per spalla emiplegico

● Serve per contenere sublussazione inferiore della spalla


● Mantenendo l’arto superiore in una postura in flessione per lunghi tempi favorisce lo
schema patologico e l’instaurarsi di retrazioni, ostacolando il drenaggio venoso-linfatico e
facilitando dunque la formazione dell’edema
● Una volta inserito nel reggibraccio, l’arto superiore è fuori dallo schema corporeo, gli stimoli
tattili/propriocettivi sono ridotti e pertanto è ostacolato nel recupero motorio funzionale
● Ostacola lo stimolo alla ripresa antigravitaria dei muscoli della cuffia
● Spesso non viene indossato correttamente (poiché non ne viene compreso lo scopo) e non
riduce neanche la sublussazione.

Il tutore per la spalla nel pz emiplegico garantisce un supporto direttamente all’articolazione


scapolo-omerale senza fissare il gomito in flessione. Il tutore si estende infatti fino
all’avambraccio ma (oltre ad essere un accessorio removibile) ne mantiene la possibilità di
oscillazione durante il cammino e il suo utilizzo funzionale.
Nota: il reggibraccio, se ben indossato, controlla la diastasi acromion-omerale negli emiplegici.

Ortesi gomito per epicondilite


Una compressione mirata sulla muscolatura, per lo scarico dell'inserzione muscolare, per favorire
la riduzione del dolore e un più rapido processo di guarigione.

Ortesi per l’arto inferiore - Classificazione


Le ortesi statiche sono dispositivi che consentono di tenere allineato un segmento corporeo
durante le ore diurne e notturne, con lo scopo di limitare retrazioni muscolari e tendinee. Di
norma le ortesi statiche nell’arto inferiore non sono deputate al carico.

Le ortesi dinamiche sono dispositivi che consentono di mantenere la stazione eretta o


deambulare, quando le forze muscolari del paziente non lo permetterebbero, sfruttando meglio le
residue competenze e aumentando la funzionalità.
Il riferimento ad un'univoca terminologia internazionale, in generale ed in particolare per la
definizione delle ortesi, è importante perché evita ogni forma di confusione nella descrizione
dell’ortesi nella struttura base e nelle sue parti.
Partendo da questo presupposto, lo standard terminologico prevede l’uso della prima lettera per
ogni articolazione coinvolta, in sequenza da distale a prossimale, sempre accompagnata dalla
lettera “O” finale, che sta per ortesi.
In base a questo sistema, si possono classificare le più importanti ortesi di arto inferiore in:
- FO (foot orthoses): ortesi del piede, che include anche plantari, rialzi e calzature
ortopediche
- AFO (ankle-foot orthoses): ortesi del piede fino all’articolazione tibio-tarsica compresa
- KO (knee orthoses): ortesi di ginocchio
- KAFO (knee-ankle-foot orthoses): ortesi che comprende ginocchio, tibio-tarsica e piede
- HO (hip orthoses): ortesi d’anca
- HKAFO (hip-knee-ankle-foot orthoses): ortesi che comprende anca, ginocchio, tibio-tarsica
e piede
Ortesi per l’arto inferiore: anca

Tutore multifunzionale per la stabilizzazione dell’articolazione dell’anca (es. post PTA).


L'ortesi previene la lussazione dell’articolazione dell’anca, limitandone il raggio di movimento con
una speciale articolazione monocentrica e può essere utilizzata sul lato destro o sul lato sinistro
oppure su entrambi i lati.
Fissaggio sicuro grazie alla presa di bacino sulle creste iliache.

Tutore per coxartrosi in grado di guidare e stabilizzare l’articolazione dell’anca.


Per il trattamento conservativo dell’artrosi dell’anca, poiché è in grado di alleviare il dolore all’anca
durante la deambulazione e correggere gli squilibri nella zona lombare, pelvica e dell’anca,
riattivando la muscolatura e agevolando il movimento.
Si compone di un bendaggio per il bacino, un tutore per la coscia ed uno snodo regolabile di
collegamento. I pratici inserti presenti alle estremità del tutore pelvico consentono di indossarlo e
toglierlo con facilità. Il design leggero e sottile risulta discreto e invisibile sotto gli indumenti.
Ortesi per arti inferiore - Ginocchio

Ginocchiera per lo scarico, la stabilizzazione e l’attivazione del ginocchio

Tutore ginocchio indicato per il miglioramento della guida rotulea

Tutore per il ginocchio con stecche articolari stabilizzanti laterali

Scoliosi ed Ortesi

Atteggiamento Scoliotico vs Scoliosi

Nell’atteggiamento scoliotico le deviazioni sono solo funzionali; quando sono strutturate si parla di
scoliosi.

Atteggiamento Scoliotico non per forza trattamento!


● Deviazione sul piano frontale non permanente
● Ad ampio raggio
● Assenza di alterazioni anatomiche non strutturata
● Mai evolutivo
● Scompare coi movimenti autocorreggibile
● Ipercifosi
Cause:
- oculari,
- paresi muscolari,
- atteggiamenti antalgici,
- accorciamento reale o funzionale di un arto.

L’attitudine scoliotica non si evolve in scoliosi.

Trattamento:
- scarpe ortopediche
- rialzi e piani (sul lavoro)
- occhiali
- ginnastica
- piani di lavoro

L’atteggiamento scoliotico è un problema


generale più che locale.
L’educazione fisica/sport è consigliata per
una presa di coscienza dei difetti di
postura e per la rieducazione posturale.
Considerare valore fisico e psicofisico
(evitare la fatica). Respirazione.
Test di Adams

La scoliosi è un dismorfismo, non è correggibile, è permanente.


L’atteggiamento scoliotico è un paramorfismo, cioè una situazione vicina alla normalità che è
correggibile con manovre esterne, se la persona piega il busto in avanti non c’è rotazione
vertebrale o gibbo.
Il principale test di valutazione nell’esame clinico del paziente scoliotico è il test di Adams (test di
flessione anteriore della colonna ad AAII estesi, capo chino, braccia rilassate e mani unite).

Scoliosi trattamento!
● Deviazione permanente nei tre piani dello spazio
● A piccolo raggio
● Presenza di alterazioni anatomiche strutturata
: crescita asimmetrica delle vertebre anomala distribuzion
● Evolutiva
● Permane durante i movimenti non autocorreggibile
● Dorso piatto
● SOGLIE:
- 10 gradi COBB diagnosi
- 30 gradi COBB importante
- 50 gradi COBB grave

La scoliosi idiopatica è una complessa deformità strutturale della colonna vertebrale che si torce
sui tre piani dello spazio:
- sul piano frontale si manifesta con un movimento di flessione laterale,
- sul piano sagittale con una alterazione delle curve, il più spesso provocandone
un’inversione,
- sul piano assiale con un movimento di rotazione. Non riconosce una causa nota, e
probabilmente nemmeno una causa unica.
Da un punto di vista eziopatogenetico, quindi, la deformazione vertebrale provocata dalla scoliosi
idiopatica può essere definita come il segno di una sindrome complessa ad eziologia
multifattoriale.
La definizione classica della Scoliosis Research Society, definisce la scoliosi come una curva di
più di 10° Cobb sul piano frontale senza considerare il piano laterale, le cui modificazioni incidono
significativamente sull'evoluzione della scoliosi e la trattabilità ortesica. In base a questo dato, molti
dei lavori pubblicati sull’efficacia del trattamento conservativo della scoliosi (fisioterapia, corsetti
gessati, busti) utilizzano come unico parametro la modificazione dei gradi Cobb.
Questo aspetto è destinato nel futuro ad essere rivisto, in particolare considerando l’importanza
della rotazione vertebrale, valutabile sia radiograficamente che clinicamente.
Il paziente con la scoliosi presenta clinicamente:
- Dislivello delle spalle;
- Dislivello del bacino;
- Asimmetria delle scapole;
- Gibbo;
- Asimmetria dei triangoli della taglia (lo spazio che si forma tra il busto e gli arti superiori
estesi lungo i fianchi);
- Sbilanciamento del capo.

Angolo di COBB - Valore cut-off 10° = SCOLIOSI


L’angolo di Cobb: è l’angolo formato dall’intersezione delle
perpendicolari alle linee tangenti le vertebre limitanti superiore ed
inferiore della curva. DOMANDA ESAME
Esame radiologico: La valutazione della scoliosi è progredita notevolmente con l'introduzione di
metodiche diagnostiche radiologiche più precise, sia nelle radiografie standard con dosaggi di
radiazioni estremamente contenuti, sia con la diagnostica radiologica tridimensionale (CT, RMN).

L’inclinometro è uno strumento manuale, normalmente utilizzato in due situazioni cliniche:


- nella misurazione dell’angolo di rotazione del tronco durante il test di anteroflessione;
(misurazione del gibbo)
- nella misurazione dell’angolo di Cobb sulle radiografie (sia in proiezione AP che LL), quindi
sia nella scoliosi che nella cifosi/lordosi.

Classificazione - Possono essere classificate differentemente secondo:

➢ la localizzazione iniziale della deformità: scoliosi cervicali, toraciche, toraco-lombari,


lombari, a doppia curva
➢ l’età di insorgenza: infantili, giovanili e adolescenziali.

Quali sono le cause?


● congenite (malformazioni vertebrali, malformazioni toraciche)
● idiopatiche (infantile (risolutiva o evolutiva), giovanile (3-6 anni, 7-9 anni, 9 fino al pre-
menarca), dell’adolescenza, età adulta)
● secondarie (post-poliomielitiche, neuromuscolari, pleuropolmonari (esiti cicatriziali TBC),
associate a sindromi endocrine, associate a sindromi metaboliche (sindrome di Marfan)).
Nel 20% circa dei casi, la scoliosi è secondaria ad un altro processo patologico. Il rimanente 80% è
costituito da casi di scoliosi idiopatica.
Parliamo di scoliosi idiopatica quando non è possibile identificare una specifica patologia che
causa la deformità, infatti si verifica in bambini apparentemente sani e può progredire in relazione
a diversi fattori. La scoliosi idiopatica è di origine sconosciuta e probabilmente è dovuta a una
molteplicità di cause.
La scoliosi è una sindrome con un’eziologia multifattoriale.
Si stanno ricercando le cause della scoliosi nei disturbi acquisiti o congeniti delle strutture
vertebrali. I pazienti con questo tipo di deformità solitamente presentano anormalità coesistenti
come strutture asimmetriche nel tronco encefalico, deficit sensoriali e di equilibrio, deficit piastrinici
e della funzionalità del collagene. Il ruolo dei fattori genetici nello sviluppo di disturbi spinali assiali
è enfatizzato e confermato dal fatto che la scoliosi tenda a ripresentarsi in famiglia (componente
ereditaria).
Negli anni ’90, un gruppo di ricercatori ha proposto che la scoliosi sia il di disturbi nella sintesi di
melatonina, hanno trovato livelli ridotti di melatonina nel siero in ragazze con scoliosi idiopatica a
progressione rapida. Attualmente si riconosce alla melatonina un ruolo limitato nella patogenesi
della scoliosi.
In sintesi, l’eziologia della scoliosi non è ancora stata del tutto chiarita.
I seguenti fattori sono stati indicati come possibili determinanti di un maggior rischio di
progressione della scoliosi: anamnesi familiare positiva, lassità della pelle e delle giunture (difetto
del tessuto connettivo), cifosi toracica fisiologica piatta (ostacola l’efficacia del corsetto), angolo di
rotazione del torace sopra i 10° e scatto di crescita.

Quali le conseguenze?
- Problematiche neuromotorie
- Problematiche biomeccaniche
- Problematiche cardio-respiratorie
- Problematiche estetiche e quindi psicologiche
- Dolore (causato ad esempio da retrazioni, contratture muscolari).
- Problematiche estetiche problematiche psicologiche
- Limitazione nelle attività (disabilità) per la riduzione della capacità di sforzo

Scoliosi Terapia

➢ I grado: fino di 20-30° trattamento riabilitativo


➢ II grado: da 25° a 45° ortesi + riabilitazione
➢ III grado: oltre i 45-50° trattamento chirurgico
Osservazione

consiste in valutazioni cliniche regolari con uno specifico periodo di follow-up. L’intervallo tra una valutazione e l’altra v

Obiettivi del trattamento conservativo


● Fermare la progressione della curva durante la pubertà (ridurla ove possibile), così come
delle lesioni vertebrali. Il rischio della progressione all’inizio della pubertà è del 20% nelle
scoliosi di 10°, del 60% nelle scoliosi di 20° e del 90% nelle scoliosi di 30°. La prognosi
circa la progressione della scoliosi sembra migliore per i ragazzi. I fattori che contribuiscono
alla progressione della curva comprendono l’effetto della gravità, l’azione muscolare, le
forze reattive che causano l’aumento della lordosi, l’andatura umana e la torsione indotta
dalla crescita.

● Prevenire o curare disfunzioni respiratorie - l’aspetto morfologico della deformità è


strettamente collegato agli effetti della funzionalità corporea. A seconda del grado e della
sede, la curva può interessare la funzione respiratoria. I maggiori cambiamenti a livello del
sistema respiratorio sono causati da curve a livello del tratto toracico.
Alcuni studi hanno dimostrato come anche in scoliosi lievi e medie vi sia un deficit
funzionale polmonare apprezzabile con riduzione del volume polmonare e della capacità
vitale associato a riduzione di flessibilità della colonna e delle articolazioni costo vertebrali
con ridotta escursione costale durante la respirazione.
Una serie di studi condotti principalmente sugli adolescenti con scoliosi comprese fra 30° e
60° ha dimostrato diversi tipi di alterazioni respiratorie nei pazienti: quadri di ventilazione
anormale, principalmente di tipo restrittivo, compromissione della funzionalità dei muscoli
respiratori, restrizione, e asimmetria di movimento della gabbia toracica con alterazioni
localizzate, anomalie di ventilazione durante l'esercizio, simili a quelle osservate nei
pazienti con una grave broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). La funzionalità
respiratoria è influenzata dalle deformità vertebrali caratterizzate da flessione laterale
anormale, rotazione vertebrale, rigidità spinale e diametro sagittale della gabbia toracica.
Anche la capacità di esercizio appare compromessa, sembra essere alterata dalla
disfunzione generale dei muscoli, anche se non è presente un grave difetto polmonare.
Questi studi sottolineano l'importanza dell'esecuzione di attività aerobiche generali (incluso
lo sport) e di un allenamento respiratorio al fine di migliorare la capacità di esercizio e il
funzionamento dei muscoli respiratori.

● Prevenire o curare sindromi dolorose della colonna - In uno studio di follow-up della durata
di più di 40 anni è stata osservata una prevalenza tre volte più alta di lamentele legate al
dolore cronico e un’incidenza 20 volte maggiore di dolore grave e acuto in un gruppo di
persone con scoliosi idiopatica non trattata rispetto al gruppo di controllo.

● Migliorare l’estetica attraverso la correzione posturale - la correzione visiva della deformità


esteriore del tronco legata alla scoliosi è un aspetto importante del trattamento
conservativo.

● Contenimento dei danni psicologici

● Miglioramento del controllo neuromotorio corporeo

Come curare la Scoliosi


1. controllo nel tempo (osservazione)
2. esercizi specifici in fisioterapia
3. corsetti di diverso tipo ed a diverso dosaggio
4. chirurgia (a fine crescita?)

Esercizi Fisioterapici Specifici


Il programma di gestione della postura include esercizi atti a migliorare la flessibilità e la forza
dei muscoli paravertebrali così come insegna come svolgere le attività quotidiane corrette. Si
raccomanda che gli esercizi fisioterapici specifici:
- vengano eseguiti durante il trattamento con corsetto (esercizi volti alla mobilizzazione
vertebrale usati in preparazione al trattamento con corsetto)
- siano personalizzati in base alle esigenze del paziente, al tipo di curva e alla fase
terapeutica
- siano utilizzati durante il periodo dello svezzamento dal corsetto
- siano utilizzati per ridurre il dolore e aumentare la funzionalità, nei pazienti sottoposti a
intervento chirurgico che lamentano dolore.
A seconda del grado e della sede, la curva può interessare la funzione respiratoria. I maggiori
cambiamenti a livello del sistema respiratorio sono causati da curve a livello del tratto toracico.
- esercizi per migliorare la funzionalità respiratoria in pazienti affetti da scoliosi idiopatica che
ne abbiano necessità.
- per favorire l’espansione e la ventilazione di un determinato ambito polmonare.
- esercizi in corsetto o assistiti con spinte sul gibbo al fine di favorire l’espansione toracica
dal lato concavo.

In generale:
● Educare il paziente all’autocorrezione della propria postura
● Esercizi nelle attività di vita quotidiana
● Esercizi posturali finalizzati al miglioramento del controllo neuromotorio e posturale del
rachide, al miglioramento dell’equilibrio e della propriocezione e al rinforzo della funzione
tonica della muscolatura del tronco
● Eseguiti durante il trattamento con corsetto, personalizzati durante lo svezzamento dal
corsetto per ridurre il dolore e aumentare la funzionalità
● Esercizi respiratori

Trattamento Riabilitativo
Esso è già utile nelle forme iniziali, quando non è nota l’evolutività della curva.
Obiettivi:
➢ Migliorare la respirazione
➢ Migliorare il trofismo muscolare
➢ Eliminare le iniziali rigidità di rachide ed anche
➢ Contrastare le retrazioni muscolari
➢ Far prendere coscienza della deformità
➢ Migliorare il controllo posturale
➢ Acquisire e mantenere nuovo assetto posturale

terapia manuale (intesa come mobilizzazione delicata a breve termine o tecniche di rilascio dei tessuti molli)
solo in associazione agli esercizi fisioterapici specifici
NO mobilizzazioni manuali e manipolazioni !!!

non esistono pubblicazioni scientifiche rigorose sull’efficacia terapeutica di: plantari (non rialzi), byte, medicinali conven

…Riassumendo…
★ ginnastica posturale
★ esercizi di mobilizzazione vertebrale
★ esercizi di tonificazione muscolare
★ esercizi respiratori
Attività Sportiva
- Lo sport NON deve essere prescritto come un trattamento per la scoliosi idiopatica.
- Lo svolgimento di attività sportive di carattere generale, offrono al paziente scoliotico
vantaggi aspecifici in termini psicologici, neuromotori ed organici generali
- Continuare l’attività fisica scolastica
- Continuare le attività sportive durante il periodo di utilizzo del corsetto.
- Evitare attività agonistiche molto mobilizzanti e/o in estensione del rachide (come la
ginnastica ritmica) in scoliosi ad alto rischio di evolutività. L’incidenza di scoliosi tra le atlete
di ginnastica ritmica è 10 volte più alta.

L’attività sportiva consente un riequilibrio psico-motorio, è consigliabile per tutti e deve trovare
spazio nell’adolescente scoliotico con le dovute modalità, a seconda del tipo di paziente e della
gravità ed evolutività della curva. Gli aspetti psicologici e sociali sono correlati alla negatività di
immagine nei confronti del proprio corpo. L’attività motoria consente di intervenire su questi aspetti,
mantenendo il paziente inserito nel suo gruppo.

E il nuoto?

Tradizionalmente è stato proposto come buona attività sportiva per la scoliosi (e prescritto da
alcuni medici come trattamento).
In realtà ci sono studi che tendono ad evidenziarne alcuni limiti o addirittura controindicazioni,
come l’aumentato rischio di asimmetria del tronco e ipercifosi.

Domanda Esame: perchè nella ginnastica ritmica è stata valutata incidenza 10 volte maggiore di
scoliosi? Perché l’ipermobilizzazione può peggiorare la curva scoliotica.

Lezione 08/01/2024

Trattamento ortesico
Il trattamento ortesico agisce solo sull’aspetto meccanico della deformità vertebrale, ed in questo
sta il suo limite terapeutico.
Non è in grado di far scomparire la curva, ma può limitarla e contenerne l’evoluzione.
La storia del busto inizia prima del Cinquecento, e prosegue fino ai giorni nostri. Sulla sua utilità i
pareri sono discordanti:
- Alcuni la ritengono il male minore quando è necessario sostenere una colonna che sta
crollando
- Altri lo condannano perché, oltre ad ostacolare il normale sviluppo toracico, sostiene e
riduce le curve ma non le corregge e, sostituendosi ai muscoli del rachide, ne favorisce
l’atrofia.
Il trattamento ortesico è raccomandato nella terapia conservativa della scoliosi idiopatica,
- NO per le curve al di sotto dei 15 +- 5° Cobb.
- SI per curve superiori ai 20+-5° Cobb e residuo periodo di crescita, con dimostrata
evoluzione …
Corsetto rigido durante la notte (8-12 ore la notte)
Corsetto morbido
Corsetto rigido part time (12-20 ore al giorno)
Corsetto rigido full time (20-24 ore al giorno) o gesso
Efficacia del trattamento ortesico dipende da:
- Tipo di ortesi prescelta
- Indicazioni del prescrittore
- Abilità di chi lo confeziona
- Associazione o meno di trattamento riabilitativo e rieducativo
- Competenza del rieducatore

Funzioni del corsetto


- Sostegno del rachide nei compiti antigravitari
- Riduzione o annullamento dei carichi asimmetrici → migliorare la deformità ossea
- Azione attiva e passiva
- Effetto trazione longitudinale
- Azione secondo il sistema dei tre punti
Obiettivi: migliorare l’estetica e ridurre i rischi in età adulta

Percorso ortesico
- Prescrizione del corsetto
- Preparazione psicologica per accettazione
- Preparazione fisica → esercizi specifici ed attività fisica regolare
- Adattamenti iniziali
- Indossare e rimuovere il corsetto secondo indicazioni mediche
- Training di utilizzo e collaudo
- Controllo apprendimento
- Controlli medici ogni 2-3 cm (max 6 mesi)
- Controlli radiologici di norma ogni 5-6 cm (max 12 mesi)
- Adattamenti dell’ortesi alla crescita somatica

Rinnovo corsetto
Di norma subito dopo i primi 3-4 mesi di utilizzo del corsetto …

Percorso ortesico: abbandono dell’ortesi


- Controlli clinici e radiologici
- Graduale svezzamento
- Passaggio dall’uso a tempo pieno al tempo parziale
- Uso solo notturno
- Abbandono completo

Corsetto - Azione meccanica


● Stabilizzante
○ Limitazione della dinamica del rachide
○ Ridistribuzione dei carichi
● Correttiva
○ Applicazione di forze esterne → ridistribuzione …
Circolo virtuoso del corsetto

Azioni correttive

DOMANDA ESAME: Quali sono le azioni correttive del corsetto? elongazione verso l’alto,
deflessione, derotazione.

Azione meccanica: trazione → efficacia direttamente proporzionale all’entità della curva


Maggiore è il grado di curva, maggiore è il livello di trazione.

Azione meccanica: deflessione → efficacia inversamente proporzionale all’entità della curva


Curve scoliotiche elevate, l’efficacia della deflessione (bending) si riduce

Azione meccanica: derotazione


Più efficace nelle rotazioni dorsali (30-35° rotazione), meno efficaci nelle curve lombari (5°
rotazione)
Tipi di corsetti: Elastici - Rigidi - Super rigidi

Spinecor (corsetto elastico)

Spinecor - Obiettivi:
- Bloccare il peggioramento
- Evitare il corsetto rigido
- Procrastinare l’uso del corsetto rigido
- Evitare impatti negativi sulla crescita del tronco

Corsetto PASB (Progressive Action Short Brace)


Impiegato nella correzione di curve scoliotiche localizzate prettamente nella regione lombare di
entità compresa tra i 20 e i 35° Cobb. Apice T11-T12

(DOMANDA) Qual è l’azione principale del corsetto PASB: azione deflettente, agisce più sul piano
frontale per correggere la curva scoliotica

Milwaukee

● Primi modelli nel 1940: il più usato al mondo


● Costituito da una cintura pelvica in cuoio o polipropilene realizzato su modello in gesso
● Dal canestro pelvico partono due aste metalliche posteriori e una anteriore
● Anello occitoioideo che parte dall’apice delle aste
● Sulle aste, all’interno della presa pelvica e a livello ascellare sono applicate pelote o pads che, per
mezzo di tiranti, agiscono sulle curva (principio dei 3 punti)

Meccanismo di azione:

● Azione di Flessione
● Azione di Derotazione
● Azione di Elongazione

Azione
→ autoelongazione
→ spinte secondo il principio dei 3 punti

Indicazioni:

- Va indossato giorno e notte e rimosso solo per l’igiene personale


- Vanno effettuate revisioni periodiche (ogni 3-6 mesi)
- Attualmente usato per le scoliosi a curva toracica alta in età compresa tra i 2 ed i 13-14 anni.
- Curve dorsali “alte”

Milwaukee - Punti deboli

- Aggravamento del dorso piatto


- Azione minore su lordosi lombare
- Deformità mandibola
- scarso controllo sui cingoli scapolari
- scarsa azione sul gibbo
- abrasioni cutanee iliache
- stasi e cellulite arti inferiori
- chiusura posteriore → problema di indossabilità
- rifiuto psicologico (impossibile da nascondere sotto gli abiti a causa collare)→ problema di
compliance

Corsetto Cheneau-Sibilla

Monovalva con chiusura sternale.


Telaio anteriore in plastica che, unitamente ad una presa dorsale, consente di controllare i cingoli scapolari
Indicazioni: scoliosi doppie o dorso lombari …
Cheneau 2000 - Corsetto posturale

Lapadula

Indicazioni
Curve lombari o toraco-lombari fino a 30° Cobb …

Corsetto a tre punti Michel - Vantaggi:


- Ortesi ben accettata
- Non costrittivo
- Utilizzabile a tempo parziale
Si propone di ridurre le scoliosi prettamente lombari < 35° in soggetti adolescenti che
abbiano una chiusura dell’angolo ileo-lombare e che non abbiano curve toraciche alte

Ortesi notturne: Charleston - Bolognese - Providence - Boston


Boston → indicato nelle scoliosi lombari/toraco-lombari …

Corsetto Lionese: indicato nelle curve dorsali, dorso-lombari e lombari


- Presentato a Lione nel 1950
- Inizialmente in cuoio, poi sostituito dal plexiglass
- Costituito da due aste metalliche, anteriore …

Conclusioni

● Il trattamento ortesico in età evolutiva, pur non potendo portare a guarigione


la scoliosi, è in grado di mantenere per tutta la vita una deformità vertebrale
stabile con curve

Calzature e Plantari (PDF 6)

Il piede è una struttura alquanto complessa, in cui sono presenti 26 ossa, 33 articolazioni e più di un
centinaio di muscoli, tendini e legamenti.
- Ossa tarsali o del gruppo del tarso
- Ossa metatarsali o del gruppo metatarsale o metatarsi
- Falangi

Retropiede = astragalo e calcagno


Mesopiede = scafoide (o navicolare), cuboide e tre cuneiformi
Avampiede = ossa metatarsali e falangi

Piede astragalico e piede calcaneare


Se suddividiamo il piede in senso longitudinale possiamo distinguere il piede calcaneare da quello
astragalico.
- Il piede calcaneare occupa la porzione laterale del piede; è composto da calcagno, cuboide, 4° e 5°
metatarso, falangi di 4° e 5° dito; è determinante per l'appoggio laterale dei metatarsi. Il calcagno
permette di assumere la posizione eretta 🡪 il piede calcaneare è quindi fondamentale per
l'assunzione di questa postura.
- Il piede astragalico: occupa la porzione mediale del piede; comprende l'astragalo (osso
fondamentale per la maggior parte dei movimenti del piede, in quanto dà il senso della direzione),
scafoide, cuneiformi, 1°,2°,3° metatarso

Distribuzione del carico e delle forze - Arco plantare


Nei neonati i piedi sono piatti → gli archi si sviluppano solo successivamente con la crescita →
importanza di terreni “intelligenti”

Distribuzione del carico


- A piedi nudi → 43% su avampiede - 57% su calcagno
- Con un rialzo di 2 cm → ripartito ugualmente tra avampiede e calcagno
- Con un rialzo di 4 cm → ripartizione inversa rispetto a quella e piedi nudi
- Con un rialzo di 6 cm → 75% su avampiede, 25% su calcagno
- Oltre i 6 cm → carico tutto o quasi sulle teste metatarsali

Fasi del passo Fasi del piede

La fase di stance comprende: La fase di stance comprende:


- Initial contact - Hell Strike (tocco con il tallone)
- Loading Response - Foot Flat (piede piatto)
- Midstance - Heel Rise (tocco avampiede)
- Terminal Stance - Push-Off (spinta verso il basso)
- Pre-Swing - Toe-Off (l’alluce si stacca per ultimo)

La fase di Swing comprende: La fase di swing comprende:


- Initial Swing - Acceleration
- Midswing - Toe Clereance
- Terminal Swing - Deceleration
- Heel Strike

Rocker del piede


- Rotolamento del calcagno
- Rotazione della tibio-tarsica (avanzamento della tibia)
- Rotazione dell’avampiede

Importante è capire l’andamento del passo. Durante un cammino normale la prima fase è quella
dell’appoggio del tallone, successivamente si ha l’appoggio intermedio e infine la fase di spinta o
propulsione. Il piede parte in una posizione di inversione con appoggio prima della parte laterale
del tallone. Come si vede nella seconda immagine della colonna di destra, fondamentalmente la
pressione plantare segue l’appoggio plantare, quindi parte dalla zona laterale del calcagno,
mantenendo questa lateralizzazione fino alla fase di spinta, dove la pressione si distribuisce in
maniera graduale e omogenea lungo le teste metatarsali (dalla 5° alla 1°) per poi concludere
passando per il primo dito. Questa è un’informazione molto importante, perché come vedremo
sulla pedana baropodometrica, ci andrà ad indicare quale possa essere la possibile problematica
del piede.

Marcia Normale

Il piede nella calzatura


Arrivo a terra:
- il piede arretra di 7-10 mm
- L’arco plantare si accentua
- L’alluce va in estensione
- Il calcagno valgizza

Appoggio totale:
- L’arco plantare si distende
- Le teste metatarsali e le dita avanzano di alcuni mm

Carico anteriore:
- Il calcagno varizza ed è sollevato dalla suola
- L’arco plantare si accentua
- Il piede avanza di altri 5 mm

Trattamento - Attivazione del piede


- Traiettoria del piede (foot placement) in fase di pre-swing e initial contact (in uscita/in
entrata)
- GRF (Ground Reaction Force): F di reazione al suolo = F esercitata su un corpo a contatto
con esso
- Propulsione durante il ciclo del passo

Sottosistema neurale: recettori muscolo-tendinei, recettori legamentosi (inclusa la fascia plantare),


recettori cutanei-plantari.
Sottosistema attivo: muscoli intrinseci (stabilizzatori locali); muscoli estrinseci del piede
(mobilizzatori globali)
Sottosistema passivo: ossa e archi, fascia plantare e legamenti

Piede → è più sensoriale che motorio


È stato identificato un totale di 364 meccanorecettori nella pianta del piede: > densità recettoriale
a livello del tallone, dita (soprattutto il 1°), bordo laterale della pianta del piede.
Impronta plantare → podogramma

Podogramma piede fisiologico adulto


1. Impronta dell’alluce, che deve continuare quella del tallone anteriore (altrimenti alluce in
griffe)
2. Impronta delle dita (assenza del 5° dito no patologico)
3. Tallone anteriore (misura 3 volte l’istmo)
4. Istmo (tra avampiede e retropiede)
5. Profilo della volta plantare
6. Tallone posteriore

È importante distinguere un retropiede varo primitivo da uno secondario quando il paziente è in


catena cinetica aperta e il piede è in neutra. Se a catena cinetica chiusa il retropiede continua ad
essere inverso (retropiede varo) e si ha un piede cavo, si parla di retropiede varo secondario; se
invece, la sottoastragalica prona e si ha l'eversione del retropiede (retropiede valgo), si parla di
retropiede varo primitivo.
Nel piede piatto l’istmo deborda di ⅓ rispetto al piede normale.
Baropodometria
● La pedana baropodometrica → piattaforma dotata di sensori i quali permettono di rilevare
i carichi a livello della regione plantare (valutazione oggettiva e quantitativa)
● Tali sensori sono collegati ad un computer che elabora i dati raccolti e ne consente la
visualizzazione
● Con il termine baropodometria, si identifica una tecnica in grado di misurare “punto per
punto” le pressioni esercitate sul piede sul suolo, sia in posizione eretta (baropodometria
statica) sia durante il cammino (baropodometria dinamica)
- Baropodometria statica: identificazione della morfologia del piede, valutazione della
distribuzione delle pressioni plantari, visualizzazione della posizione del CoP (Centre of
Pressure) e della sua evoluzione nel tempo (stabilometria)
- Baropodometria dinamica: valutazione dell’appoggio del piede durante la dinamica del
passo, delle caratteristiche del cammino (lunghezza del passo, tempo di contatto, etc.) e
della progressione del CoP

A cosa serve la valutazione baropodometrica?


- Progettazione calzature
- Progettazione supporti ortesici (plantari)
- Studio della biomeccanica del passo e delle sue variazioni in funzione a diversi fattori (età,
genere, razza, etc.)
- Studio e monitoraggio di patologie che comportano alterazioni posturali
- Valutazione biomeccanica degli effetti di trattamenti chirurgici o riabilitativi

Ortesi correttive
- Modificano in modo definitivo una deformità o un vizio di funzione,
quando ancora possibile recuperare i rapporti corretti tra le
articolazioni
- Sono temporanee

Ortesi di compensazione
- Riequilibrano l’assetto del piede per deformità o disarmonie funzionali ormai irreversibili
(distribuzione del carico non dolorosa)
- Sono definitive

Ortesi fisse: inamovibili dalla calzatura


Ortesi mobili: asportabili dalla calzatura

Ortesi per piede fisse


- Suola: cuneo pronatore, cuneo supinatore e barre trasversali
- Tacco: cuneo varizzante, cuneo valgizzante
- Tomaia (parte superiore della calzatura): aletta metatarsale abducente, aletta metatarsale
adducente, aletta di spinta tarsale, sperone calcaneare varizzante, sperone calcaneare
valgizzante

Ortesi per piede mobili


- Plantari: metallo, cuoio o sughero semilavorati, schiuma di polietilene di varie densità
- Talloniere: lattice in gomma, poliuretano, gomma e silicone

Ortesi plantare
Dispositivo medico realizzato su misura, secondo prescrizione medica,
non invasivo, che inserito all’interno di una calzatura modifica l’appoggio
plantare del piede correggendo atteggiamenti posturali e morfologici
scorretti o sovraccarichi patologici → È lo strumento principale della
correzione e della compensazione ortesica.

Le ortesi plantari vengono classificate in:


- Plantari correttivi: per correggere la postura del piede; in età evolutiva consigliati, per
esempio, in presenza di ginocchio valgo, piede piatto o caduta astragalica. Vengono
confezionati usando materiali più rigidi rispetto a plantari destinati ad un pubblico adulto,
al fine di stimolare in maniera adeguata e severa, la postura del piede ancora “modellabile”
nei bambini
- Plantari antalgici: per ridurre, limitare o eliminare le cause di algie presentate dal paziente.
Realizzati solitamente con materiali molto morbidi, per migliorare il confort, ma resistenti
al fine di scaricare e ammortizzare lo scarico del peso corporeo, nelle zone di interesse.
Sono prescritti per scaricare, ad esempio, metatarsalgie, spine calcaneari o per pazienti
diabetici, ove si presentino anche delle ulcere (i materiali utilizzati saranno più specifici per
prevenire situazioni infiammatorie)
- Plantari sensomotori: per riequilibrare la struttura muscolare del piede, stimolando i
propriocettori situati sulla pianta del piede. Vengono utilizzati per stimolare la correzione di
“vizi” posturali che possono portare ad algie (non solo localizzate sull’arto inferiore, ma
anche al livello rachideo)
Requisiti del plantare
- Poco ingombro
- Poco peso
- Flessibilità
- Stabilità al di sotto del piede
- Elasticità e Plasticità (per evitare di schiacciare le parti molli contro lo scheletro)
- Indifferenza biochimica ed elettrostatica

Ortesi - Il plantare
- L’impiego dei plantari riguarda l’assetto delle articolazioni plastiche e non influenza quelle
dinamiche
- Le articolazioni plastiche (sottoastragalica, intertarsale, tarso-metatarsale) mantengono la
forma anatomica e funzionale del piede e trasmettono il carico alle articolazioni dinamiche
- Le articolazioni dinamiche (tibiotarsica e metatarso falangea) sono capaci di determinare la
deambulazione

Confezionamento delle ortesi plantari


• Anamnesi Paziente: al fine di individuare le algie manifestate per comprenderne la sintomatologia +
valutazione della prescrizione medica

• Rilevamenti: attraverso l’Esame Baropodometrico il Tecnico Ortopedico individua i punti di maggiore


pressione del piede, osservando come il peso corporeo viene scaricato sul suolo (Pedana
Baropodometrica, non solo in appoggio bilaterale statico ma anche dinamico). Si possono così
effettuare le prime valutazioni sulle possibili cause di algie o disturbi presentati dal paziente.

• Un altro rilevamento che viene eseguito è la realizzazione del “negativo” del piede utilizzando la
schiuma fenolica, che rispondendo alla pressione esercitata dal paziente in appoggio bilaterale, altera
la propria forma acquisendo il negativo delle rispettive caratteristiche posturali plantari. Viene poi
effettuata un’accurata colata di gesso che solidificata, darà vita al calco “positivo” del piede.

• Realizzazione: Dopo aver modificato il calco in gesso del positivo del piede, correggendone la postura,
si procede alla realizzazione vera e propria del plantare. Si scelgono i materiali più idonei alle necessità
ed esigenze del paziente. Incollati accuratamente seguendo l’ordine prestabilito, vengono poi
sottoposti ad alte temperature nell’apposito forno, per acquisire un’ottima tenuta dei materiali e per
migliorare le loro proprietà elastiche. Si procede con l’utilizzo della pressa Vacuum alla
termoformatura del plantare sotto vuoto. Sarà poi cura del Tecnico Ortopedico procedere alla
“rifinitura” del plantare eliminando le sezioni dove il materiale non ha nessuna funzione di correzione,
cosicchè inserito nella calzatura non possa arrecare al paziente dolore o disturbi.

Prova del plantare


Si verifica che il plantare, inserito nella calzatura, venga ben tollerato dal paziente senza
algie/disturbi durante il passo. Si eseguono quindi test dinamici dove si comprende, osservando la
postura che assume il piede all’interno della calzatura ben allacciata, se la funzione correttiva del
plantare sia eseguita correttamente e quindi idonea alle necessità del paziente. Le lavorazioni finali
possono essere la rifinitura della punta del plantare, per accomodarlo meglio nella calzatura del
paziente, l’inserimento e aggiunta di materiali morbidi per migliorare il confort in determinate zone,
dove vengono accusate algie, o altre modifiche del caso per migliorare il feedback del paziente.
Eseguiti così gli ultimi test il plantare può essere ritirato.
Calzature predisposte per plantari
Sono calzature prodotte in serie che presentano caratteristiche ortopediche specifiche per migliorare la
qualità del passo dei pazienti; sono dotate di:
- Tomaia automodellante o termoformabile: permette di alloggiare le deformità, con conseguente
eliminazione delle frizioni e delle forze tangenziali che si sviluppano sul dorso delle dita.
- Suola «Biomeccanica»: durante la fase di propulsione il carico sul mesopiede è anticipato per
ridurre significativamente le iperpressioni sulle teste metatarsali; si ottiene così un passaggio
morbido e progressivo dal punto di contatto alla propulsione.
- Extra volume interno: calibrato in taglie (M-L-XL) permette di alloggiare anche piedi importanti ed
edematosi, oltre a dare la possibilità di inserire l’ortesi plantare.
- Fodera senza cuciture: l’assenza di cuciture interne nei punti di flessione e sulle dita permette di
evitare dolorose e pericolose frizioni del piede contro la scarpa, creando eventualmente lesioni.
- Il puntale «filo forma»: la distanza fra l’apice delle dita e il puntale deve essere di 9-12 mm, così
durante la deambulazione dove il piede “anteriorizza”, si limita il rischio di creare dei punti pressori
apicali.
- Il contrafforte: partendo dalla parte posteriore della calzatura si trova il contrafforte che, grazie alla
sua rigidità, permette durante la fase di contatto del piede la stabilizzazione del calcagno: grazie al
contrafforte prolungato, la stabilità del piede si estende fino al mesopiede.
- Plantare estraibile: il plantare presente all’interno di queste calzature può essere estratto per
sostituirlo con il plantare su misura, senza alterare il volume interno della calzatura migliorando
così il confort e l’efficacia dell’ortesi.

Calzature ortopediche su misura


- Sono ausili ortopedici su prescrizione medica per la riabilitazione e il trattamento in caso di stati
patologici.
- Viene prodotta su una forma creata individualmente per il paziente.
- ANATOMIA DELLA CALZATURA 1. Tomaia: struttura della scarpa, serve per contenere e proteggere
il piede. Le sue caratteristiche fondamentali sono: la forma, i materiali e la composizione. La scarpa
deve essere realizzata per offrire le qualità specifiche che la determinata attività richiede 2. Fondo:
struttura della scarpa che si interpone tra il piede ed il terreno, è la base di appoggio.

Fasi della Creazione

• Prescrizione – Indicazione: prescrizione privata o asl con codici nomenclatore;

• Presa misure: lunghezza, circonferenza metatarsale, calzata (rapporto tra lunghezza e circonferenza
metatarsale), collo piede, passata (posteriore al calcagno e piega della caviglia), altezza malleoli,
circonferenza inferiore e superiore rispetto ai malleoli;

• Realizzazione forma: forma in legno, si toglie o si aggiunge materiale (sughero) a seconda delle misure
prese precedentemente sul piede;

• Realizzazione tomaia: incartamento della forma con scotch di carta. Si incarta solamente l’emi-lato
laterale della forma per poi ribaltare il tutto verso la parte mediale. Si disegno a matita sulla forma
incartata il motivo della trama con la quale si intende realizzare la scarpa. Una volta realizzate le varie
componenti in cartone non resta che ritagliare le stesse forme questa volta sulla stoffa con la quale si
vuole realizzare la scarpa. Cucire le varie componenti della scarpa compresa la fodera interna.

• Montaggio tomaia: iniziare il montaggio della scarpa tirando la tomaia, fissandola all’intersuola e
incollando tra di esse la tomaia esterna e la fodera interna. Inserire i forti (o contrafforti) all’interno
della scarpa. Una volta inchiodata tutta la tomaia bisogna attendere qualche ora/giorno prima di
smontare la scarpa (togliere i chiodini ad uno ad uno). Fresare eliminando la tomaia in eccesso e
spianare la suola aggiungendo del sughero.

• Prova ufficiale – Prova Definitiva: prova scarpa e plantare. Tacco e suola rimovibile.

• Finitura: montaggio del fondo, suolatura, dettagli.

• Consegna

→ Il nuovo nomenclatore dell’assistenza protesica (Allegato 5 al DPCM 12 gennaio 2017) provvede ad un


aggiornamento atteso da oltre 16 anni: il precedente nomenclatore delle protesi risale infatti al 1999 (DM
27 agosto 1999, n. 332).
→ L'elenco n. 1 del nomenclatore contiene i dispositivi (tutori, protesi, ortesi e ausili tecnici, plantari,
calzature ortopediche,..) costruiti su misura e quelli di fabbricazione continua o di serie che necessitano di
essere specificamente individuati e allestiti a misura o la cui applicazione richiede modifiche eseguite da un
tecnico abilitato su prescrizione di un medico specialista.
→ nuovo nomenclatore: DPCM 12 gennaio 2017
→ Linee Guida: «Appropriatezza prescrittiva in tema di ortesi plantari e calzature ortopediche nel
trattamento conservativo del piede piatto, piede valgo, piede cavo e piede diabetico con spesa a carico del
SSR».

Criteri per la prescrizione di plantari

A) NON INDICAZIONE A FORNITURA DI PLANTARI CON SSN

Al di sotto dei 6 anni: non indicata la fornitura di plantari a bambini sani e se:

- Piattismo asintomatico di 1° e 2° grado con retropiede compreso tra i 12° e 7° (considerati


nell’ambito del range fisiologico evolutivo)
- Cavismo di 1° grado.

La fornitura sopra i 12 anni (sino ai 18) se non con opportuna relazione clinica dettagliata dallo Specialista
prescrivente, in casi selezionati in relazione alla sintomatologia ed alla obiettività, da indicare all’atto
prescrittivo.

B) INDICAZIONE A FORNITURA DI PLANTARI CON SSN


- Prima dei 4 anni la fornitura di plantari è indicata solo in casi selezionati e ben motivati dallo
Specialista.
- Tra i 4 e i 6 anni la fornitura di plantari va erogata se:
- Piede Piatto Sintomatico (doloroso e/o contratto e/o con deformità sovra-segmentarie
correggibili con plantare
- Piede Piatto di 3° grado
- Valgismo di Retropiede > 12° (indipendentemente dalla impronta plantare)
- Piede Piatto Neurologico o Malformativo su base genetica (in tali casi la correzione può
essere necessaria prima dei 4 e dopo i 12 anni)
- Piede Cavo di 2°-3° grado sintomatico.

- Tra i 6 e i 12 anni la fornitura di plantari va erogata se:


- Piede Piatto Sintomatico (doloroso e/o contratto e/o con deformità sovra-segmentarie
correggibili con plantare
- Piede Piatto di 3° grado
- Valgismo di Retropiede > 7° (indipendentemente dalla impronta plantare)
- Piede Piatto Neurologico o Malformativo su base genetica (in tali casi la correzione può
essere necessaria prima dei 4 e dopo i 12 anni)
- Piede Cavo di 2°-3° grado sintomatico.

Criteri per la prescrizione di calzature


A) Non indicazione a fornitura di calzature con SSN: le calzature ortopediche non sono
prescrivibili a minori affetti da piedi piatti o cavi con deformità minori trattabili con plantari da
inserire nelle calzature del commercio
B) Non indicazione a fornitura di calzature predisposte di serie con SSN: al di sotto dei quattro
anni non è indicata la fornitura di calzature in bambini sani
C) Indicazione a fornitura di calzature predisposte di serie con SSN - Tra i 4 e i 6 anni:
a) Valgismo e retropiede > 12° (indipendentemente dall’impronta plantare)
b) Piede piatto neurologico o malformativo su base genetica (in tali casi la correzione
può essere necessaria prima dei 4 e dopo i 12 anni)
c) Piede cavo di 2-3° sintomatici se non calzabile con le calzature del commercio, da
indicare all’atto prescrittivo, in relazione al grado di deformità (parametri clinici e
morfologici)
D) Indicazione a fornitura di calzature predisposte di serie con SSN - Tra i 6 e i 12 anni:
a) Valgismo di retropiede > 7° (indipendentemente dall’impronta plantare)
b) Piede piatto neurologico o malformativo su base genetica (in tali casi la correzione
può essere necessaria prima dei 4 e dopo i 12 anni)
c) Piede cavo di 2-3° sintomatici se non calzabile con le calzature del commercio
La calzatura sopra i 12 anni deve essere motivata con opportuna relazione clinica
dettagliata dallo Specialista prescrivente, in casi selezionati in relazione alla sintomatologia
e all’obiettività, da indicare all’atto prescrittivo.
Sono prescrivibili in presenza di amputazioni, disturbi neurologici, deformità/malformazioni
tali da non consentire l’utilizzo di calzature di serie.

Criteri per la prescrizione di plantari e calzature ortopediche in età adulta


- Qualsiasi prescrizione è da riservarsi a soggetti con menomazioni e disabilità permanenti e
non transitorie, con percentuale di invalidità riconosciuta superiore ad un terzo per
patologie correlate al dispositivo protesico prescritto
- Non sono prescrivibili a carico del SSN calzature e plantari ad uso transitorio, post-
immobilizzazione e post-operatorie
- Non sono prescrivibili a carico del SSN calzature in pazienti con semplici disturbi funzionali
algici in assenza di deformità obiettivabili di piedi e caviglie (es. non sono da considerarsi
appropriate prescrizioni di calzature di serie o su misura a pazienti con artrosi o semplici
disturbi algici del piede in assenza di deformità gravi di piede e caviglia
- (continua a slide 54)

Domande esame
- Tempi di rinnovo dei plantari
- Quando devono essere prescritti (plantari non vengono prescritti ai bambini se non per patologie
gravi (piattismo o cavismo) 2 o 3 grado, malformazioni genetiche e soprattutto deve essere una
patologia permanente e non transitoria)

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